L’ultimo Pambianco – Pwc Wine & Food Summit ha scattato la nitida fotografia di come sta evolvendo l’approccio, soprattutto delle nuove generazioni, nei confronti dei prodotti alcolici. Si consuma sempre meno vino – in Italia questo valore è sceso da 5,8 miliardi di euro del 2019 a 5,1 miliardi del 2022 – e questo trend è destinato a proseguire nel tempo. Anche la birra non attrae più come un tempo, tanto è vero che all’Oktoberfest i litri sono cresciuti rispetto allo scorso anno ma sono ancora sotto se si considera il pre-Covid. Insomma, il settore del wine, come quelli delle altre bevande alcoliche tradizionali, si trova davanti a uno scenario potenzialmente da costruire. Per fare ciò, però, occorre forse una cambio di prospettiva per questa industria. Fino ad oggi il punto di vista dominante era quello del produttore e di un prodotto millenario come il vino, che pur con le dovute evoluzioni tecnologiche è sostanzialmente lo stesso da sempre. Per questo motivo si è forse sempre pensato che avrebbe incontrato i gusti del consumatore ‘per sempre’ ma questo pensiero non è più così certo. Il consumatore oggi è abituato – e questo vale in qualsiasi ambito di consumo – a vivere in un contesto di costante innovazione e circondato da novità continue. In questo mercato, tipico della società degli ultimi decenni, il prodotto vino può risultare ‘statico’ e appannaggio di un pubblico sempre più definito e di nicchia. Per la nostra industria si pone quindi una sfida, quella di mantenere l’identità e l’immagine di qualità nel mondo, ma allo stesso tempo raggiungere anche nuovi consumatori, numericamente ormai elevati, che sono alla ricerca delle novità.
Una di queste è costituita dai prodotti dealcolati, o ancora da bevande a base vinosa con basso contenuto alcolico. Il segmento è ancora marginale nel mercato, ma ha allo stesso tempo un potenziale considerevole da qui ai prossimi cinque anni in tutte le regioni del mondo. Il problema, però, è che questo nuovo consumatore è precluso alle nostre aziende in quanto in Italia non esiste una legislazione in merito. Ne consegue che chi vuole investire nei dealcolati è costretto ad appoggiarsi a realtà estere. Questo impedisce alle cantine italiane di poter giocare ad armi pari con i competitor stranieri. Occorre quindi dare alle aziende italiane che lo vogliono, gli strumenti per poter mantenere la loro leadership, non solo nel settore alcolico, ma in tutti quei nuovi segmenti che rappresentano la vera sfida di crescita del settore. Solo così, paradossalmente, si potrà dare impulso anche ai consumi stessi del vino.