Mentre tutti i settori stanno tornando ad assaporare la nuova normalità del post-Covid e a fare i conti con la voglia di ‘regalarsi’ qualche piacere in più, con un ritorno generalizzato allo shopping, per il mondo del vino il post-pandemia rischia di lasciare un’eredità in chiaroscuro. Non si parla di una semplice questione di dati di vendita, quanto piuttosto di una proiezione, nel medio termine, dell’approccio che i giovani hanno con questa bevanda. L’interrogativo arriva da un recente studio di Wine Intelligence, secondo cui nel 2020 i consumi di vino in due mercati chiave come Stati Uniti e Regno Unito sono diventati sempre più dipendenti dal pubblico adulto, quello di età superiore ai 55 anni. I ‘giovani adulti in età da consumo legale’, dati alla mano, starebbero, invece, migrando verso altre categorie di alcolici come i ready to drink o, addirittura, si starebbero allontanando dal mondo degli alcolici, complice anche il lungo periodo pandemico, che ha inibito le occasioni di incontro e convivialità.
La ricerca fotografa uno spaccato limitato a due soli Paesi, ma è comunque un trend da tenere d’occhio per l’importanza dei due mercati e perché è in controtendenza rispetto agli altri settori esterni al mondo agroalimentare, dove i Millennials e la Generazione Z, invece, continuano ad essere gli attori chiave della rincorsa ai consumi pre-Covid. Secondo lo studio, i giovani stanno sviluppando un rapporto diverso con il vino rispetto a quello dei loro genitori. Sebbene i consumi nel complesso siano destinati a diminuire, perché si riduce la fetta degli amanti del vino tra le nuove generazioni, il target dei consumatori sotto i 34 anni è, però, diventato più propenso a spendere per un prodotto di qualità rispetto al pubblico di dieci anni fa. E questo accade perché, nonostante abbiano una conoscenza inferiore del mondo del wine rispetto al 2010, sono tuttavia consapevoli del concetto intrinseco del prodotto di alto livello.
Ed è proprio qui che trapela la buona notizia per i produttori, in modo particolare per gli italiani, che devono puntare su una nuova strategia: meno vino, ma di qualità e indirizzato a target sempre più mirati.
Sarà quindi cruciale imprimere una spinta verso l’alto, un upgrade di cui si parla da tempo nel mondo del wine italiano, nell’ottica di rendere il settore sempre più premium e dagli alti margini per le aziende. Il vino, insomma, potrebbe vivere una nuova giovinezza.