“Il nostro più grande obiettivo è quello di collocare al meglio i prodotti dei nostri soci sul mercato”. Esordisce così Lorenzo Libera, presidente di Cavit, cooperativa trentina che conta undici cantine e oltre 5mila viticoltori associati, in un’intervista a Pambianco Wine&Food. “La nostra funzione è quella di essere efficiente sul mercato e di creare valore per i soci orientando al meglio i prodotti nei corretti canali di riferimento”.
Per questo, prosegue il presidente, “cerchiamo di presidiare tutti i canali di vendita”. Durante il periodo pandemico, quando i consumi dal fuori casa si sono trasferiti tra le mura domestiche, “Cavit ha saputo intercettare lo spostamento. Oggi vediamo l’Horeca viaggiare bene, nonostante il periodo incerto, e la Gdo riportare segnali di preoccupazione per via della ridotta capacità di acquisto dei consumatori”.
La quota export per Cavit si attesta intorno al 78% dei ricavi e il Belpaese rappresenta il secondo mercato di riferimento dopo gli Stati Uniti. Seguono poi Europa e Asia.
Cavit, intanto, si prepara a chiudere l’esercizio fiscale il prossimo 31 maggio. “Usciamo da due annate particolarmente positive dove siamo riusciti ad intercettare i cambiamenti del mercato e confrontarci con risultati straordinari”, racconta Libera. Il 2021-22 si è chiuso a 264,8 milioni di euro, in leggera flessione rispetto all’anno record 2020-2021, quando la cooperativa aveva registrato 271 milioni, contro il 210 milioni del 2019-20. “Riguardo alla chiusura dell’esercizio in corso siamo vicini ai risultati dello scorso anno, ben al di sopra del periodo pre-pandemico”.
Oltre alla tedesca Kessler Sekt, controllata al 50,1%, e dopo l’operazione di aggregazione di fine 2019, che ha portato in seno al gruppo le cantine Cesarini Sforza, Casa Girelli, Glv (all’80%) “ci vogliamo concentrare sugli investimenti (da 35 milioni di euro, ndr) diluiti sul prossimo quinquennio relativamente all’aspetto produttivo e all’adeguamento della capacità produttiva della linea spumanti, che doveva essere rafforzata anche in termini di stoccaggio e logistica. Vogliamo continuare a leggere il mercato perché non possiamo trovarci impreparati né sull’aspetto produttivo né su quello commerciale”.
Quest’anno Cavit è anche sbarcata a Vinitaly 2023 presentando la nuova referenza Kelter Lagrein 2020 Trentino Doc Riserva. “Il nome tedesco Kelter riprende il torchio che abbiamo voluto stilizzare in etichetta”, ha raccontato Andrea Faustini, enologo, coordinatore e responsabile scientifico del team agronomico Cavit. “Questo vino nasce dal consolidamento di un percorso nato nel 2002 con la selezione di alcuni vigneti per la nostra linea di alta gamma”.
Le uve che danno origine a questa novità provengono dalle zone pedecollinari della valle dell’Adige, a Roverè della Luna e della Vallagarina sul conoide di Besenello. Il clima di queste aree e la formazione del suolo sono ideali per un vitigno come il Lagrein che predilige ambienti caldi e riparati, con terreni ciottolosi. “Il 2020 è stato fermentato in acciaio con macerazione lunga a contatto con le bucce per estrarre anche i profumi e poi è stato affinato per oltre 12 mesi in legno”. Le difficoltà provocate dal cambiamento climatico, che porta a periodi sempre più radi di pioggia e ad annate sempre più calde, si riflettono sulla produzione, che può portare a difficoltà nella gestione dell’annata.
Per affrontare il problema “da dieci anni operiamo con banche dati satellitari fornite dalla Fondazione Mach“, conclude l’enologo. “Tuttavia i dati del clima servono se chiaramente si ha una strategia poi per gestirli e su questo stiamo lavorando con qualche consorzio a livello di sperimentazione testando vari tipi di sonde. Tutte le informazioni ricavate per creare la carta dei suoli ci possono fornire elementi utili per gestire con precisione i processi di irrigazione perché così facendo andiamo a conoscere i parametri fondamentali”.