Gli Stati Uniti vengono definitivamente sdoganati dal mondo del vino, ed eletti come ‘nuova frontiera’ da conquistare. Il concetto era già scritto nei dati relativi agli scambi commerciali, i cui numeri erano stati rimarcati in occasione dell’ultimo Pambianco Summit: il Paese nordamericano è la prima destinazione del nostro export, di cui vale da solo quasi un quarto del totale con un valore che supera 1,5 miliardi di euro, aumentato del 20% nei primi nove mesi 2021. A consolidare questa febbre americana, negli ultimi mesi è scattata una sorta di corsa all’acquisizione, le cui caratteristiche evidenziano come l’interesse verso il ‘west’ non sia dovuto al presentarsi di opportunità occasionali, bensì sia un’attenzione sempre più strutturale verso questo mercato da parte del sistema del vino made in Italy. Il primo segnale è stato lanciato lo scorso anno dal gruppo Prosit che ha finalizzato l’acquisizione di una quota di maggioranza dell’importatore Votto Vines. Sulla stessa linea, a gennaio di quest’anno, si è mosso Italian Wine Brands che ha acquisito l’85% del capitale sociale di Enovation Brands, società di importazione di vini italiani. Infine, sempre a gennaio 2021, Santa Margherita Gruppo Vinicolo ha rilevato la maggioranza della tenuta americana Roco Winery. Questa accelerazione trova nei numeri commerciali, si è detto, i suoi presupposti. Non si tratta solo del fatto che gli Usa rappresentano il principale mercato mondiale per consumo di vino, con un trend crescente da almeno quindici anni, e che il vino italiano se la gioca con la Francia, a seconda dei dazi, come primo esportatore. Ma a favore giocano almeno due altri fattori. Il primo è che il consumo medio degli americani è ancora basso (un quarto di quello italiano o francese), quindi ha margini enormi di incremento. Il secondo è che la produzione Usa rimane largamente sotto i consumi interni, e continua ad aumentare in volumi e qualità. Il che significa che le potenzialità sono importanti, ancor più riuscendo a mettere un piede nel complicato sistema vinicolo americano. Insomma, non basta più sperare che il cliente Usa arrivi in cantina, magari guidando tra i vigneti sulla decappottabile. Il mercato americano rappresenta una sfida che il sistema del vino nazionale deve prepararsi a vincere basandosi su investimenti, crescita dimensionale e manageriale delle aziende made in Italy, per essere capace di giocare anche ‘in trasferta’.