Secondo una nota diramata da Fipe-Confcommercio, la federazione italiana dei pubblici esercizi, nel mese di giugno il settore della ristorazione ha previsto l’assunzione di 124 mila addetti e nel trimestre estivo le nuove assunzioni si stima siano circa 144 mila unità. Sono numeri importanti ma che non ridimensionano l’allarme occupazione, tallone d’Achille del comparto. Il problema in questo caso è duplice. Da una parte c’è una difficoltà a monte, ovvero l’attrattività di un settore, quello della ristorazione, che sconta l’ovvio problema della turnazione e di una percezione comune che lo avvicina all’idea della stagionalità, dell’elevato ricambio e della generale mancanza di un welfare aziendale. Dall’altra parte c’è da segnalare che non sono di fatto previsti dei percorsi formativi specializzati nella ristorazione. Un gap, questo, che rischia di tarpare le ali ad una delle più importanti voci dell’economia italiana.
Il mondo dell’enogastronomia è, insieme alla moda e al design, motivo di vanto e asset di primaria importanza per il peso dell’Italia nel mondo. Se la ricettività sta cercando di fare il salto di qualità investendo sempre di più su strutture di fascia alta, la ristorazione non può essere da meno. E, quindi, se l’Italia del food vuole essere competitiva, attirando turisti stranieri come anche italiani, serve che il governo stesso si impegni in prima linea, facendo la sua parte.
Serve una nuova e moderna visione per formare personale qualificato. Fino ad ora – caratteristica tutta italiana – sono state le singole realtà a sopperire a questo deficit con Academy interne in partnership con istituti alberghieri ma, proprio perché iniziative private, vanno lette come una forma di supporto di una solida proposta educativa che, al momento, è tristemente assente.
I tempi della politica non mai celeri né certi ed ecco perché è fondamentale che le recenti proposte della ministra del Turismo, Daniela Santanché, che vanno nella direzione di un costante dialogo con le associazioni del settore, non si vanifichino nelle mille polemiche tra partiti così come nelle lungaggini della burocrazia. Occorrono scuole, occorre un regime di detassazione sulle mance e misure di integrazione al reddito contenute nel decreto lavoro. Servono, quindi, cambiamenti reali perché la ristorazione non perda l’occasione di un upgrade che coinvolge tutta la ricettività in Italia.