I primi nove mesi del 2022 sono “flat” per Casa Sartori 1898 e l’anno in corso dovrebbe chiudersi con una sostanziale tenuta rispetto ai 50 milioni di fatturato del 2021, ma l’ultimo trimestre potrebbe portare le cicatrici di una crisi che getta ombre sul 2023. È un quadro in chiaroscuro quello disegnato da Andrea Sartori, che con il fratello Luca guida l’azienda di famiglia, fondata dal nonno Pietro e oggi con Collis Veneto Wine Group in quota di maggioranza.
“È andato tutto piuttosto bene fino alla fine di agosto – riferisce il presidente di Casa Sartori 1898 – poi è arrivato un settembre bruttino per un insieme di motivazioni, non ultimo il fatto che trovare bottiglie è diventata un’impresa improbabile. Si vive nell’incertezza e temo avremo ulteriori difficoltà: abbiamo incontrato da poco una delle due grandi vetrerie da cui ci forniamo e hanno preannunciato un 2023 altrettanto difficile”. Nel frattempo ottobre sembra volgere al meglio, sostanzialmente in linea con lo scorso anno, dunque “per la fine dell’anno ci aspettiamo una tenuta sui livelli di fatturato del 2021, al massimo un leggerissimo decremento legato alla situazione congiunturale”, anticipa a Pambianco Wine&Food.
Guardando avanti preoccupano i venti di recessione. “È sufficiente leggere i dati Nielsen – chiosa Sartori – per comprendere una crisi già iniziata nella grande distribuzione che perde l’8/9 per cento già nel terzo trimestre. Il trend sembra allinearsi nel Q4 e temo che proseguirà nel 2023. Negli Stati Uniti il calo della Gdo si ferma al 4%, ma in Italia supera l’8 per cento. Anche l’e-commerce è in calo del 15%, mentre l’Horeca tiene perché il turismo ha trainato il comparto quest’estate”. Più che pessimismo, quello dell’imprenditore veronese sembra un approccio realista, perché “si parla di recessione economica – chiarisce – e dobbiamo capire che se per un italiano il consumo del vino è un must, un fatto di costume, nel resto del mondo il vino è qualcosa in più e quindi rischia di diventare una spesa da tagliare”.
Uno scenario preoccupante per un’azienda che esporta il 60% della produzione, oggi oltre i 15 milioni di bottiglie (di cui 6 milioni a marchio Sartori e il resto distribuite in Gdo sotto altri brand). “Siamo presenti in 65 Paesi – riferisce il presidente – con posizioni forti in Uk, Germania, Usa e Canada. Oggi i mercati sembrano soffrire e la Gdo sta performando peggio, in particolare in Germania e, purtroppo, in Italia”. E la revisione dei listini potrebbe peggiorare il quadro, perché “finora abbiamo ritoccato i prezzi solo per assorbire i primi rincari sui vetri – spiega – ma con l’inizio del 2023 dovremo aggiornare le quotazioni in funzione dei nuovi prezzi di vetro, materie prime, energia e pure delle uve”.
Le strategie di reazione per Casa Sartori, che con il brand storico Sartori di Verona sta lavorando sull’eccellenza, sono essenzialmente due: rafforzamento dell’export e dell’enoturismo. “Da un lato stiamo rilanciando sui mercati internazionali cercando nuovi distributori o nuovi clienti nei Paesi in cui siamo già presenti – riferisce il presidente – dall’altro lavoriamo sui nuovi progetti di hospitality”. La ristrutturazione della storica Villa Sartori permetterà di rafforzare l’offerta di degustazioni e visite tra cantina e vigneti, ma anche di ospitare eventi. “L’obiettivo è cercare di intercettare una parte dei milioni di turisti che ogni anno affollano il lago di Garda e il centro di Verona”, conclude Andrea Sartori. “Se pensiamo al modello Napa Valley o ai flussi enormi che muove l’enoturismo in Australia e Sudafrica, capiamo quanto c’è ancora da fare in Valpolicella. Ecco perché stiamo investendo anche noi, come sta facendo Masi con il suo visitor center. Vorrei ci fossero molte altre realtà impegnate per sviluppare l’attrattività di questo territorio”.