Elettrodomestici e software affiancano gli operatori, che si trasformeranno in gestori di processi avanzati. L’AI apre nuove prospettive. Per format e ristorazione collettiva cambiamenti in corso, nel fine dining essenziale il lato umano.
Questione di trend, ma soprattutto di necessità. La tecnologia è sempre più presente nel fuori casa – dalla cucina alla sala, dai format di ristorazione pop al fine dining – per consolidare i processi e molto spesso per supplire alla endemica carenza di personale. La ricerca sugli impatti della tecnologia dell’Osservatorio Ristorazione, effettuata su dati Plateform (app installata in circa 2.500 attività in Italia) e sulla community dell’agenzia RistoratoreTop (oltre 13mila imprenditori), rivela che nel 2024 sette ristoranti su dieci impiegheranno o potenzieranno l’utilizzo di intelligenza artificiale, tra chatbot e strumenti generativi, per proporre contenuti sempre più calibrati sul gusto dei clienti. Contestualmente, si consolida il più ampio impiego di robotica in cucina, automazioni di ordini e prenotazioni, software gestionali e di comunicazione.
La normalità tech del 2024
Dal sondaggio emerge che l’84% dei ristoratori utilizza strumenti tecnologici in sala, in prevalenza gestionali per cassa, prenotazioni e ordini, che consentono di organizzare meglio tempo e risorse, ma anche di raccogliere dati sulle abitudini di fruizione. Il 77% utilizza tecnologia in cucina e fa ricorso a supporti per la produzione, in particolare software per la gestione magazzino e il calcolo del food cost, mentre il 16% utilizza robotica da cucina, ovvero elettrodomestici di ultima generazione ad alto livello di interazione con il personale e di autonomia produttiva.
“La tecnologia (hardware e software) sta cambiando radicalmente il modo di fare ristorazione – evidenzia Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio – eliminando i compiti ripetitivi e le attività che è possibile delegare a una macchina oppure a un algoritmo, arginando così lo sperpero di ore lavorative. Questo fenomeno, innescato in termini di crescita esponenziale dalla pandemia, è destinato a consacrarsi come normalità nel 2024 e ad accompagnare la categoria da qui in avanti”.
Tecnologia in cucina per i format pop
Rispetto all’automazione e alla ‘sostituibilità’ di alcune mansioni grazie alla tecnologia, sembra aprirsi una divaricazione nel mondo del fuori casa. “Nel fine dining dovrebbe cambiare poco nel breve termine – riferisce Ferrari – perché l’estro e la ricercatezza di uno chef è difficilmente sostituibile; invece, considerando i format sono tutti d’accordo nel prevedere una cucina molto automatizzata. E questo grazie a forni comandati da remoto, braccia meccaniche, processi di cottura innovativi e macchinari per la conservazione dei cibi (con ciclo del freddo o del caldo), senza contare il fatto che tutti gli elettrodomestici sono autopulenti. Questo non significa che le risorse umane vengono rimosse, ma devono fare uno step-up passando da operative a strategiche, guidando i processi organizzativi della cucina e la distribuzione di migliaia di pasti da un laboratorio centralizzato”.
Tecnologia sì, ma a supporto del lavoro umano – testimoniano gli operatori del settore. “Noi utilizziamo la tecnologia come supporto per i nostri ragazzi – rimarca Emrah Karaman di Kebabbar, a Milano – coprendo il lavoro più pesante, che rende poco appetibili alcune mansioni. Ad esempio abbiamo modificato gli assetti in cucina, dove le temperature sono alte, mentre è stato importante l’implementazione di un cutter automatico che compie quell’operazione meccanica di tagliare la carne in verticale… all’inizio i ragazzi erano sospettosi, ora sono più felici di me. Il numero di addetti non è cambiato, ma ora le persone si dedicano ai processi affinando il lavoro, settando le macchine”.
Anche secondo Andrea Liotta, co-fondatore del format Indegno (che sforna crescentine da Bologna a Londra), il lato umano rimane prioritario nel rapporto col cliente, per cui niente totem per ordini e pagamento. “Il nostro lavoro al bancone è efficiente grazie alla formazione – spiega – mentre la tecnologia è tutta nei macchinari da pasticceria per stendere le crescentine. È essenziale alleggerire il lavoro, non cancellarlo”.
In sala e in cucina si affaccia l’AI
In sala, invece, questo succederà molto meno, nonostante l’avvento del nastro trasportatore (per locali all-you-can-eat) o il robot-cameriere. Funziona invece la totale automazione delle prenotazioni. “Tutti hanno il problema di reperire personale e la gestione digitale delle telefonate permette di sgravare almeno una persona da quest’onere – osserva Luca Fronzoni di Plateform – peraltro migliorando la customer experience. Oggi i clienti stessi spingono i ristoratori verso i sistemi automatizzati”. E se questi sono integrati con Google, tutto diventa più facile per il turista che si geolocalizza e supera le barriere linguistiche.
In questo contesto anche l’intelligenza artificiale apre prospettive interessanti. Nelle prenotazioni – dal Veneto nasce il progetto Chiama.ai che permette di rispondere 24h con la voce dei proprietari – ma anche per acquisire informazioni su clienti e processi. “Al momento l’AI è un cacciavite nemmeno troppo sofisticato – spiega Simone Rizzo della startup Inferentia – ma servirà per esser più creativi. Non sostituirà il lavoro, ma lo cambierà”. Un esempio? L’utilizzo della computer vision per analizzare i comportamenti dei clienti e comprendere quanto rimangono nel locale, dove scelgono di sedersi, quali prodotti amano. E non è tutto, perché analizzando le espressioni facciali l’AI può dare feedback immediati sul gradimento dell’esperienza e dunque permette di intervenire in tempo reale, evitando magari brutte recensioni. Last but not least, l’analisi AI sui flussi in cucina traccia il lavoro e suggerisce ottimizzazioni nella gestione del personale.
Processi hi-tech nella ristorazione collettiva
Un comparto che sicuramente trova nella tecnologia una sponda fondamentale per affrontare sfide cruciali è la ristorazione collettiva. Un esempio? Il centro cottura a Boara Pisani (nei pressi di Rovigo) del gruppo Serenissima Ristorazione sforna 10mila pasti al giorno, soprattutto destinati a scuole, ospedali e case di riposo. “Gli investimenti in tecnologia e automazione per la struttura sono vicini a 35 milioni di euro – spiega il direttore operativo Carlo Garbin – uno sforzo importante legato innanzitutto alla flessibilità che richiede un servizio come il nostro e in secondo luogo per sopperire alla mancanza di personale. Oggi è più facile trovare un chirurgo che un cuoco”. Una battuta, ma nemmeno troppo surreale.
Gli impianti attivati in Veneto permettono di standardizzare i processi produttivi e ottimizzare lo stoccaggio delle materie prime semilavorate. “Pur non avendo tanti cuochi operativi nei terminali – spiega Garbin – con una procedura predefinita si riesce a garantire un servizio di alto livello. Facciamo da mangiare per malati immunodepressi, bambini e personale sanitario, dunque tutto deve essere gradevole e soprattutto perfettamente sano. Il pasto segue standard vicini al prodotto farmaceutico”. Ecco perché Serenissima sta investendo (milioni di euro) sulle cotture sottovuoto in autoclave, con una garanzia igienico-sanitaria totale. In quest’ottica anche la logistica automatizzata è essenziale, perché un piccolo errore potrebbe esser critico. Eppure cuochi e operatori umani rimangono fondamentali. “Tutto parte da cuochi, dietisti e nutrizionisti che definiscono la composizione del pasto – conclude il manager – poi va garantito il funzionamento corretto di tutti i processi. E chi regola tutti i processi sono le persone”.
Human touch per il fine dining
La prospettiva cambia, almeno per il momento, nel fine dining. Dal Bros’ di Lecce, lo chef Floriano Pellegrino conferma come la tecnologia svolga un ruolo fondamentale “in cucina e in sala, ma soprattutto in ufficio nella parte gestionale”. Ecco l’utilizzo di software per gestire le prenotazioni ed evitare che i clienti non si presentino, ma anche per ottimizzare l’impatto della comunicazione sui social network. In cucina, “nei ristoranti di alta gamma, il valore umano rimane essenziale – chiarisce la chef Isabella Potì – nonostante l’uso della tecnologia, soprattutto per la creatività e l’interazione con i clienti, mentre nei contesti più informali l’automazione può svolgere un ruolo predominante”.
Enrico Pivieri del ristorante Cavallo Scosso di Asti si spinge addirittura a rovesciare il paradigma. “L’innovazione tecnologica a supporto in cucina sarà essenziale nel medio termine e le attrezzature faranno la differenza – chiosa – però non vedo una sostituzione del personale umano, anzi. Da qui a dieci anni sarà fondamentale avere in squadra risorse umane in grado di governare la strumentazione più avanzata”. Più ingegneri e meno cuochi in cucina?