Durante l’ultima edizione di Vinitaly l’AD di Veronafiere Massimo Danese, in un’intervista, ha anticipato che la manifestazione investirà nell’enoturismo, un segmento che il manager considera di “grandi potenzialità”. L’affermazione non è che la risposta ad una istanza collettiva del mondo del vino, che chiede strumenti per poter sfruttare a pieno questo filone di business, che consente, tra gli altri aspetti, di valorizzare il patrimonio immobiliare delle aziende agricole. Il turismo legato al settore del vino potrebbe fare la differenza in un Paese, come l’Italia, che può contare oltre che sull’ottima qualità della proposta enogastronomica, anche su bellezze naturalistiche e storiche in grado di richiamare un turismo d’élite e alto spendente.
Per avere un’idea delle possibilità di crescita di questo ambito basta guardare ai numeri sorprendenti snocciolati da Airbnb. La piattaforma nel 2022 ha inserito tra le sue opzioni la categoria Vigneti per consentire agli ospiti di cercare un alloggio nelle zone vitivinicole. Ebbene, dalla sua introduzione, è diventata rapidamente una delle più popolari. Secondo i dati di Airbnb, gli host che offrono soggiorni vicino ai vigneti hanno raggiunto un giro d’affari complessivo di più di 200 milioni di euro solo lo scorso anno, mentre l’host italiano tipico nella categoria ha fatturato in genere circa 4.500 euro nello stesso periodo. Di fronte a questi numeri ci si dovrebbe aspettare una corsa da parte delle cantine, dalle grandi alle piccole, per aprire le porte a questo mercato. La verità è che siamo ancora indietro: l’enoturismo vale mediamente per il momento solo il 7% del loro giro d’affari.
Si tratta di numeri ancora limitati perché altrettanto limitati sono gli investimenti su questo fronte. Le strutture immobiliari ci sono, le potenzialità pure ma – come spesso accade – mancano progetti e percorsi per il personale mirati allo sviluppo dell’offerta enoturistica. Manca una visione di lungo periodo che non sia, quindi, una strategia basata solo sulla sopravvivenza odierna. Per le cantine, soprattutto quelle di piccole dimensioni, il turismo vinicolo ha una duplice valenza: aumenta gli introiti attraverso le visite a pagamento e la vendita diretta, aumenta l’appeal del brand a fronte di una salvaguardia dei margini, tema caldo in questo 2024.
Se da una parte sono le aziende stesse che si devono strutturare per fare il passo in avanti, è altrettanto necessario che ci sia anche un adeguato supporto a livello di fiere, associazioni e istituzioni con misure pensate per sviluppare questo modello di attività che unisce ricettività e agricoltura, sulla scia di quanto già hanno iniziato a fare la regione Lazio con un regolamento ad hoc. Questo affinché l’Italia non si lasci scappare questa opportunità di crescita.