Viene presentata in anteprima in questi giorni con l’evento ‘Benvenuto Brunello’, ma l’attesa annata 2019 di Brunello di Montalcino sta già bruciando le tappe. Anche se le bottiglie entreranno in commercio solo da gennaio, la domanda è già in salita e finora sono state consegnate 2,2 milioni di fascette. Se dunque il buongiorno si vede dal mattino, per il principe dei rossi di Toscana sembra che le cose si mettano bene anche prima dell’alba.
Dal Consorzio non nascondono l’ottimismo. Innanzitutto, perché il livello di giacenze del Brunello registrato da Valoritalia segnava un +3% a fine luglio, tre volte meno della media italiana relativa agli stock di vini Dop, ma soprattutto perché “l’annata 2018 ha già collocato sul mercato l’85% del proprio potenziale – rimarca il presidente Fabrizio Bindocci – e poiché i mesi in cui si vende di più sono quelli tra novembre e gennaio, il rimanente sarà evaso nei prossimi mesi”.
Come (pochi) altri vini che nel mondo fanno registrare una tenuta, il Brunello di Montalcino si rivela dunque anticiclico. Eppure il presidente Bindocci evita commenti euforici. “Va considerata la situazione contingente intorno a noi – dice – e siamo consapevoli del fatto che il Brunello 2018 sia stata considerata dalla critica un’annata più piccola, ma vediamo che il vino continua a uscire dalle cantine, in maniera più rallentata ma esce. Piacerebbe sempre arrivare a settembre avendo le cantine vuote, ma vediamo che il mercato chiaramente continua ad apprezzare il nostro vino”. E il 2019 potrebbe macinare numeri pure migliori.
Mentre viene celebrato dai punteggi della critica internazionale, il vino di Montalcino consolida una posizione di privilegio che risente meno di altri delle tensioni che i mercati vivono in relazione alla delicata situazione internazionale (dalle guerre alle debolezze economiche). “Siamo stati bravi ad alzare negli anni l’asticella della qualità, mantenendo fermi gli ettari autorizzati dal 1997 – chiosa Bindocci – e infatti, rispetto a un potenziale di 12 milioni di bottiglie, ne produciamo tra 8 e 10 milioni l’anno. Questo mostra una buona capacità di interpretare il mercato”.
Se è vero che il presidente del Consorzio è sempre propenso a vedere il bicchiere mezzo pieno, i risultati negli Usa sugli ultimi 12 mesi confortano. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv (su base SipSource), il Brunello di Montalcino ha visto infatti aumentare i consumi nel suo primo mercato di sbocco del 10%, una invidiabile posizione in attivo – condivisa solo con la Borgogna (Beaune premier Cru) e il Bordeaux Supérieur, i rossi californiani di Oakville e il Barolo – a fronte di una contrazione dei consumi generali oltreoceano del 7 per cento. “Al di là dei trend di mercato, che possono subire variazioni congiunturali – precisa Bindocci – siamo molto soddisfatti soprattutto del posizionamento negli Stati Uniti del nostro vino di punta. Un mercato che siamo riusciti a coltivare in modo attento”.
Il segmento luxury si comporta dunque anticiclicamente come bene rifugio. Valoritalia certifica, a fine ottobre, che sono state contrassegnate per l’immissione sul mercato 8,5 milioni di bottiglie di Brunello su un totale di 10 milioni, tanto che il “rischio” è di avere poche scorte. In quest’ottica non turba il rallentamento dei fine wine, pur in un momento in cui gli indici Liv-ex mostravano una crescita delle referenze di eccellenza italiane. Bindocci non dichiara preoccupazione, perché i flussi di vendita e il posizionamento di prestigio continuano a tenere, “per questo se il 2023 si chiude in maniera molto positiva, anche le proiezioni sul 2024 appaiono rassicuranti perché la domanda mondiale c’è e non accenna a fermarsi, con piccoli mercati che crescono ogni anno in maniera qualificata”.