Alla fine il crollo della Russia (-40%) è quasi irrilevante per i conti del vino italiano. Secondo i dati Istat, l’export complessivo nei primi sette mesi dell’anno aumenta del 6,1%, per un totale di 3,05 miliardi di euro, grazie alla performance a doppia cifra in due Paesi chiave: gli Stati Uniti, prima destinazione, dove il valore cresce del 17,8%, e la Gran Bretagna, terzo mercato, che fa segnare un progresso del 10,7 per cento. Tra i due big anglosassoni staziona la Germania che mantiene la leadership quantitativa, pur rallentando sia sul fronte dei volumi (-8,5%) sia in valore (-1,6%). Fortunatamente la Russia non rappresentava, prima della crisi, uno dei best market per il nostro vino, che resta legato ad aree più tradizionali e solide: nella top ten delle destinazioni, l’unico segno negativo riguarda la Germania, mentre la notizia probabilmente più rilevante arriva dalla crescita a “quasi due cifre” (+9,5%) dell’export in Francia, trainata (come in molti altri mercati) dal Prosecco. Altrettanto positivi sono i risultati ottenuti in Canada, al quinto posto (dietro la Svizzera) con il +9,7%, e in Giappone, sesto posto e +5,6% nei sette mesi. L’andamento delle etichette Dop è superiore alla media, con una crescita dell’8% in valore e del 5% anche in volumi, in controtendenza rispetto alle non Dop. “Dall’analisi dei dati Istat che abbiamo appena elaborato, stimiamo che l’obiettivo dei 5,5 miliardi di valore dell’export vinicolo nel 2016 sia ormai a portata di mano”, afferma Domenico Zonin, presidente dell’Unione Italiana Vini. “Si conferma la crescita delle nostre esportazioni ormai stabilizzate sopra il +6% – aggiunge Ezio Castiglione, presidente di Ismea – che potranno ulteriormente accelerare a fine anno, considerando il prevedibile sprint degli spumanti nel periodo di Natale”.