La nuova generazione della famiglia Zonin, dopo l’uscita del patriarca Gianni (ex presidente della Banca Popolare di Vicenza, per il quale la Procura vicentina ha chiesto il rinvio a giudizio), sarebbe alla ricerca di un investitore disposto a entrare nel capitale della società Zonin 1821 con una quota di minoranza anche corposa. A riportare la notizia è L’Economia del Corriere della Sera, precisando che l’operazione potrebbe concretizzarsi attraverso un aumento di capitale dedicato e che il dossier relativo alla società da 201 milioni di ricavi nel 2017 è sulle scrivanie di Mediobanca, scelta come advisor.
Al momento, precisa il Corriere, sarebbero giunti segnali di interesse (senza candidature formali) da parte del fondo francese Unigrains dedicato all’agroindustria, specializzato in aziende della filiera anche di matrice familiare. In ogni caso, l’identikit del futuro socio corrisponderebbe a quello di un fondo di private equity. Al futuro investitore, i tre fratelli Domenico (presidente), Francesco e Michele Zonin non dovrebbero cedere quote, puntando invece ad accogliere risorse mirate a un rafforzamento patrimoniale del gruppo. Il valore complessivo riportato dal Corriere per la società di Gambellara (Vicenza) potrebbe collocarsi tra 400 e 500 milioni comprendendo tutte le tenute italiane e le due proprietà estere di Barboursville in Virginia e Dos Almas in Cile.
Zonin ha un piano di investimenti mirato soprattutto al potenziamento commerciale nei mercati che contano, in particolare Usa e Cina. Qui, dove si gioca la battaglia più importante per l’export italiano, le posizioni delle aziende tricolori non appaiono più così solide e nel caso della Cina non lo sono mai state. “E oggi – ha affermato Francesco Zonin durante Vinitaly – anche negli Usa la situazione è cambiata. Le aziende si danno battaglia in un mercato statico nonostante la crescita del prosecco, ma sono i player molto grossi a ottenere la crescita a discapito dei piccoli; ed è interessare osservare che quei player non sono italiani bensì americani che comprano il prosecco imbottigliato in Italia decidendo autonomamente le strategie. Non dico che sia un bene o un male, dico che stiamo osservando questa situazione, con la conseguente competizione dei prezzi ben visibile negli scaffali della grande distribuzione, per capire come occorre muoversi in questo contesto”.
Quanto alla Cina, Zonin 1821 è tra i gruppi con le migliori performance ma i numeri restano marginali. “Nel 2017 abbiamo ottenuto 2,5 milioni di ricavi e non possiamo certo essere contenti. Il fatto è che nessuna azienda italiana ha la forza di creare da sola una categoria di vini in Cina, laddove l’Italia intera dispone di una quota di mercato pari al 6% nei vini importati. Per prima cosa occorre aumentare l’export complessivo e poi portare avanti azioni comuni, come quelle che abbiamo avviato da tre anni con il consorzio Italia del Vino”. Zonin intanto continua a rafforzare la squadra della sua filiale Zonin 1821 China che distribuendo direttamente i vini, può bypassare i costi dell’importatore e controllare con maggiore efficacia le strategie distributive. Inoltre, Zonin 1821 China possiede il vantaggio competitivo di poter gestire anche i vini cileni della neoacquisita Dos Almas, con tutti i benefici di prezzo derivanti dall’accordo di libero scambio tra Cina e America Latina.