È presto per cominciare a parlare di crisi, ma voltarsi dall’alta parte e far finta che non ci siano segnali preoccupanti potrebbe rivelarsi un errore abbastanza grave per il prossimo futuro. È questo il messaggio che emerge alla vigilia delle anteprime toscane, annuale appuntamento che raduna a Firenze, ma non solo, centinaia tra giornalisti, buyer e operatori del settore provenienti da tutto il mondo per degustare le nuove annate di buona parte dei vini delle denominazioni della Toscana.
Nell’Auditorium della Camera di Commercio di Firenze i dati diffusi da Ismea e commentati da Fabio del Bravo, dirigente della direzione servizi per lo sviluppo rurale, lasciano spazio a ben pochi dubbi: il 2023 non verrà certo ricordato come un anno positivo. E non tanto per il calo produttivo dell’ultima vendemmia che anche in Toscana, come del resto in tutta Italia, a causa della peronospora, ha lasciato sul campo molta uva, in questo caso il 26 per cento. Quello che forse più di altri dati deve far suonare qualche campanello di allarme è l’andamento dei consumi sul mercato domestico da una parte e, dall’altro, ancor di più, la brusca frenata dell’export.
Nel 2023, secondo le prime stime, in Toscana sono stati imbottigliati 1,2 milioni di ettolitri di vino Doc e Docg, il 7% in meno rispetto al 2022. Anche per i vini Igt il calo è del 6%, pari a 690 mila ettolitri. La pressione inflativa che, come è noto, l’anno scorso ha causato una notevole riduzione dei consumi alimentari, ha pesato anche sul vino, e quindi anche su quello toscano: in Gdo il calo è del 5,8%, superiore a quello generale dei vini Dop italiani (-3,4%) e di quelli fermi (-3,6%). Certo, la distribuzione moderna non rappresenta l’unico canale di sbocco dei vini toscani che, soprattutto nel segmento premium, vedono invece il canale Horeca assorbire buona parte dell’offerta, ma certo derubricare ad un solo fatto congiunturale questo calo potrebbe non essere sufficiente.
C’è poi la questione export, che nel caso del vino toscano non è certo secondaria. Nel mondo lo scenario non è certo roseo: Spagna e Francia, storici competitor europei, hanno fatto peggio dell’Italia che invece è riuscita, con 21.577 ettolitri di vino esportati, a pareggiare il 2022. Il vino toscano, sostanzialmente quello rosso e fermo, pari al 96% di quello esportato, ha perso il 13% a volume e il 5% a valore, rimanendo sotto i 700 mila ettolitri, una dato che porta indietro la lancetta dell’orologio a più di 10 anni fa. Anzi, se guardiamo proprio gli ultimi 10 anni, l’export di vino toscano è in perdita del 30 per cento.
Il Paese che più di altri ha affossato l’export sono stati certamente gli Usa, che da soli rappresentano il 31% delle esportazioni: -20% a volume e -3% a valore. Il motivo? Più di uno, a partire dal fatto che, come ha sottolineato nel suo intervento Carlo Flamini, direttore dell’Osservatorio del Vino Uiv, l’anno scorso gli importatori hanno dovuto svuotare i magazzini che avevano riempito probabilmente a dismisura nel 2022, una situazione che gli analisti dicono si risolverà non prima della seconda metà di quest’anno.
C’è poi il fattore congiunturale, ma certo lo scenario a stelle e strisce sembra non essere più l’eldorado di un tempo: le vendite di vino rosso, un po’ in tutti gli Stati da est e ovest, perdono svariati punti percentuali, sotto la pressione di nuovi stili di vita più salutistici da una parte, vedi la crescita delle vendite di vini no e low alcol, e lo spostamento, soprattutto da parte delle nuove generazioni, verso il consumo di spirits e bevande ready to drink.