Si è chiusa ieri, 13 aprile, la 54ª edizione di Vinitaly. Tornata in presenza, dopo due anni di stop forzato, la manifestazione veronese si è dimostrata sempre più orientata al business, con 25.000 operatori stranieri provenienti da 139 Paesi, pari al 28% del totale degli operatori arrivati in fiera (88.000).
Sebbene l’affluenza sia stata minore rispetto agli anni precedenti, e il confronto è soprattutto con il 2019, archiviato con 125.000 presenze di cui il 26% dall’estero (33.000), si tratta, per la kermesse, di un “record storico di incidenza di buyer stranieri in rapporto al totale ingressi”, considerata anche la forte contrazione, legata alle limitazioni pandemiche agli spostamenti internazionali, degli arrivi da Cina e Giappone, oltre ovviamente ai buyer russi. Un contingente che pesa complessivamente per circa 5.000 mancati arrivi ma che non ha impedito la rimodulazione dell’assetto partecipativo di una manifestazione che, in chiave nazionale, ha anche ribilanciato le presenze del Centro-Sud, in rialzo, con quelle del Nord.
“Il ruolo delle fiere italiane è sempre più legato all’aumento numerico delle imprese che si avviano all’internazionalizzazione, in particolare delle Pmi”, ha dichiarato il presidente di Veronafiere Maurizio Danese. “Vinitaly, in questa edizione più che mai, si è concentrato molto su questo aspetto con un risultato molto positivo in favore di un settore morfologicamente caratterizzato da piccole realtà. Guardiamo ora al 2023 con un evento ancora più attento alle logiche di mercato e alla funzione di servizio e di indirizzo della nostra fiera in favore di un comparto che abbiamo ritrovato entusiasta di essere tornato a Verona dopo tre anni”.
Un risultato per nulla scontato e, secondo il parere di diversi espositori intervistati da Pambianco Wine&Food, legato presumibilmente anche al rinvio di Prowein, che si terrà a Düsseldorf dal 15 al 17 maggio, invece che come d’uso a fine marzo.
“Segnare il record di incidenza di buyer esteri in un anno così difficile sul piano congiunturale e geopolitico – ha commentato il direttore generale Giovanni Mantovani – è tutt’altro che banale ed evidenzia tutta la determinazione di Veronafiere nel perseguire i propri obiettivi”. Il riferimento è, infatti, alle priorità già indicate lo scorso marzo nel piano di sviluppo, tra le quali al primo posto figura la crescita internazionale della manifestazione in ottica di espositori esteri.
Sul fronte delle presenze estere, nel testa a testa tra Stati Uniti e Germania la spuntano i primi che confermano la leadership nella classifica delle nazioni presenti. Terzo rimane il Regno Unito, mentre il Canada subentra alla Cina nella quarta posizione, davanti alla Francia. Seguono Svizzera, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca e Danimarca. Bene, nel complesso, le presenze dal continente europeo, che hanno rappresentato oltre due terzi del totale degli esteri. Ottime anche le performance di Francia, Svizzera, Belgio e Olanda che vedono aumentare il numero degli operatori rispetto alle passate edizioni. Si consolidano inoltre le presenze dei Paesi del Nord e dell’Est, con in evidenza Finlandia, Danimarca, Repubblica Ceca, Slovenia e Romania. In ambito extraeuropeo, tengono Paesi come Singapore, Corea del Sud, Vietnam; in crescita l’India. Infine, anche se con valori assoluti contenuti, si dimezzano le presenze dall’Oceania mentre più che raddoppiano quelle dall’Africa.