L’organizzazione di Veronafiere voleva ridurre l’affluenza e non c’è riuscita. Si potrebbe dire che è andata fin troppo bene a Vinitaly per l’edizione dei record in termini di espositori, con 4.380 aziende contro le 4.250 circa del 2017. Gli ingressi, nonostante la stretta sugli inviti e il prezzo decisamente ostico del biglietto (85 euro), sono rimasti invariati, a quota 128 mila, ma a impressione parevano perfino in aumento. Paradossi di un settore che continua a “tirare” nonostante le preoccupazioni legate perlopiù ai fatti di politica internazionale: dai timori per l’introduzione di dazi negli Usa, alle tensioni tra occidente e Mosca (dove lo scorso anno l’export di vino made in Italy è aumentato del 35%, massimo risultato annuo) per finire con una Gran Bretagna più debole in termini valutari e dove la passione degli inglesi per il Prosecco non riesce a frenare il calo dell’import britannico.
È andata fin troppo bene perché il vino italiano attrae soprattutto i buyer internazionali, cresciuti del 6% a quota 32 mila nonostante la crescente concorrenza di Prowein, e perché la formula di Vinitaly piace proprio per il suo essere Vinitaly ovvero un grande evento mediatico in una Verona dove tutto, per quattro giorni, gira attorno al vino. Gli aumenti a doppia cifra di presenze estere riguardano soprattutto i mercati chiave attuali, come gli Stati Uniti (+11%) dove si sono concentrate le azioni commerciali di Agenzia Ice, e futuri, come la Cina (+34%). La top ten delle presenze straniere vede primeggiare i buyer Usa, davanti a quelli provenienti da Germania e Regno Unito, ma la Cina è già al quarto posto e precede non solo la Francia, ma anche gli ingressi dai Paesi scandinavi.
Tutto bene quindi, anche se le date di Vinitaly creano difficoltà agli espositori coinvolti non solo nel momento più importante dell’anno per il loro settore, ma anche negli eventi di Milano dove si è tenuta, praticamente in concomitanza, la design week. Il lunedì infatti, giorno tradizionalmente più intenso per la fiera del vino, coincideva con il pre-Salone del Mobile, quando già a Milano gli showroom sono presi d’assalto e i brindisi rappresentano un elemento imprescindibile per la settimana fieristica più importante dell’anno in Italia. La concomitanza è un problema soprattutto per i marchi più prestigiosi della spumantistica. E si ripeterà anche il prossimo anno, con Vinitaly in programma dal 7 al 10 aprile e il Salone del Mobile dal 9 al 14 aprile. Sarebbe il caso di rivedere i calendari, perché tra i due settori esistono ormai diverse attinenze e in molti sono costretti ad abbandonare Vinitaly in anticipo o a perdere le opportunità che si presentano a Milano.
Tornando al risultato, l’organizzazione di Veronafiere “brinda” all’evidente miglioramento ottenuto anche senza perdere ulteriori visitatori. “Siamo sulla strada giusta. La rassegna in quartiere è sempre più orientata al professionista, mentre cresce notevolmente il fuori salone pensato per i wine lover in città”, afferma il presidente Maurizio Danese. “La crescente presenza di professionisti all’edizione 2018 – precisa il direttore generale Giovanni Mantovani – testimonia il consolidamento del ruolo b2b di Vinitaly a livello internazionale, con buyer selezionati e accreditati da tutto il mondo”.
Vinitaly 2018 è stata anche l’occasione per un annuncio importante: a settembre, nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul, si terrà la prima edizione di Wine South America, nuova iniziativa internazionale per accompagnare le imprese italiane a esportare in America Latina.