La Cina è il mercato-chiave per la crescita del gruppo Todini nel business del vino. “Un quarto del nostro fatturato wine dipende da questo grande mercato, dove siamo in controtendenza rispetto ai risultati finora ottenuti dalle aziende italiane di settore”, spiega a Pambianco Wine Luisa Todini, imprenditrice ed ex presidente di Poste Italiane, che dal 2014 ha aggiunto ai suoi molti impegni professionali anche la guida di Cantina Todini, fondata dal padre Franco Todini e punto di riferimento nella produzione di Grechetto doc con circa sessanta ettari vitati su un totale di mille ettari di proprietà nell’area di Todi (Umbria), utilizzati in larga parte come riserva faunistico-venatoria e al cui interno sorge anche un relais a cinque stelle ricavato dal recupero di un immobile del XIII° secolo con dodici camere a cui si aggiunge un’altra struttura con quattro camere.
Con quali obiettivi avete investito nel mondo del vino?
Abbiamo voluto trasformare un piacere e un hobby in attività imprenditoriale. L’azienda può arrivare a produrre un milione di bottiglie l’anno, compresa l’attività conto terzi. La divisione vinicola genera un terzo dei ricavi complessivi della parte agricola, che ha un fatturato di circa due milioni di euro, con un buon potenziale di crescita. I mercati chiave per Cantine Todini sono il Regno Unito, con una particolare concentrazione su Londra, l’est Europa, la Svizzera e la Danimarca. Il punto di riferimento però resta la Cina, da cui dipende il 70% del fatturato estero.
Come siete riusciti a entrare nel mercato cinese?
Proponendo non solo un vino, ma un intero territorio: Todi e l’Umbria. Abbiamo avviato un’attività di incoming particolarmente mirata sull’Asia e i gruppi cinesi che hanno visitato la tenuta si sono innamorati del luogo: pernottano nel relais, visitano le vigne e la cantina, acquistano i prodotti. Si aggiunga poi il lavoro svolto dai nostri distributori in Cina nel racconto del prodotto… Piero Antinori sostiene che in Italia è relativamente facile produrre un buon vino ma è molto più difficile venderlo bene. Per riuscirci, abbiamo preferito investire commercialmente nelle aree cinesi meno inflazionate, evitando di concentrarci su Shanghai e Pechino.
In quali province della Cina vi siete concentrati?
Soprattutto nel Fujian, dove abbiamo trovato un ottimo distributore e partecipato a fiere di rilevante importanza. A fine luglio siamo stati accolti come ospite d’onore alla fiera alimentare di Jinjiang, dedicata alle eccellenze agroalimentari e con un forte richiamo nel sud del Paese.
Quali sono i vostri vini più venduti in Cina?
Si sa che i cinesi prediligono i vini rossi, perché la cultura dei bianchi deve ancora far breccia nel Paese. Per incontrare le loro richieste di customizzazione, disponiamo di una struttura industriale in grado di fornire etichette a loro dedicate, con immagini e layout dedicati.
Che investimenti avete in programma?
Vogliamo innanzitutto potenziare l’ospitalità, crescendo da 17 a 30 camere, per poter accogliere meeting aziendali e banqueting di alto livello, con il supporto del nostro ristorante interno, l’Altro Relais, che ha una capacità complessiva di 300 coperti a cui si aggiungono i 400 della casa padronale. Disponiamo inoltre di una spa con trattamenti basati sull’utilizzo di prodotti locali quali olio extravergine di oliva, vinaccioli e tartufo nero. Potenzieremo inoltre la parte agricola e la cantina.
Avete programmi di sviluppo al di fuori dell’Umbria?
Per ora no. La mia intenzione è promuovere al meglio la regione puntando soprattutto sul Grechetto doc, che è il nostro vitigno autoctono, sul quale mio padre ha sempre creduto investendovi per primo.