I primi dieci produttori dell’Alto Adige fatturano complessivamente poco meno di 250 milioni di euro. A evidenziarlo è lo studio Pambianco sui fatturati 2018 delle aziende vitivinicole della provincia di Bolzano, pubblicato sul n.1/2020 di Pambianco Magazine Wine&Food. Un territorio piccolo, pari all’1% circa della produzione vinicola italiana, ma in grado di produrre vini di qualità, per il 98% classificati come doc. Sono 40 milioni le bottiglie prodotte ogni anno come Alto Adige doc e, di queste, circa un terzo prende la via dell’export, un terzo viene venduto localmente e un terzo nel resto d’Italia.
In vetta alla classifica si impone Schenk Italian Wineries, realtà privata, che rappresenta però un caso a parte, avendo sede e prima cantina a Ora (Bolzano) ma disponendo di strutture produttive in molte altre regioni italiane ed essendo parte di un gruppo più ampio con base in Svizzera. Al secondo posto troviamo Cantina Caldaro, cooperativa da 22 milioni di ricavi, 650 soci su 450 ettari, 3 milioni e mezzo di bottiglie vendute al 45% in Alto Adige, 30% nel resto d’Italia ed estero 25%. In terza posizione si piazza San Michele Appiano, altra cooperativa con 21 milioni di euro. A seguire Terlano, Bolzano, Termeno, Colterenzio, Alois Lageder, Franz Haas e Girlan. La top ten è dunque composta da sette aziende cooperative e tre gruppi privati. Ma a differenza di altre denominazioni dove le coop tendono a spingere in basso il prezzo, l’Alto Adige costituisce una positiva eccezione.
“Qui siamo tutti convinti, dal piccolo viticoltore alla cooperativa fino alle aziende di piccole e medie dimensioni, che se non facciamo e investiamo in qualità, tutto il sistema muore”, ha dichiarato a Pambianco Wine&Food il direttore del Consorzio di tutela vini dell’Alto Adige, Eduard Bernhart. “Quest’anno – prosegue – abbiamo modificato il disciplinare, che ora è in attesa di approvazione. Abbiamo introdotto la zonazione, individuando 86 zone vocate che rappresentano il 78% della superficie vitata, tecnicamente chiamate Uga. È stato un progetto lungo e complesso ma indispensabile per un’ulteriore crescita qualitativa. Abbiamo inserito due vincoli per le Uga: da una parte la resa inferiore del 25% rispetto alla Doc; dall’altra la produzione dovrà essere 100% in purezza”. È stata proposta anche la menzione Gran Alp, una sorta di vertice della piramide qualitativa, dalle rese molto limitate e dalle regole ben precise. Le modifiche sono ora al vaglio del Mipaaf.
Le cooperative, che rappresentano il 70% della produzione, uniscono i piccoli viticoltori, che sono cinquemila e spesso hanno poco terreno a vigna e da soli non potrebbero produrre.
Nel 2018, la crescita dei ricavi delle aziende altoatesine si è assestata attorno al 2%, con un 8% di quota ebitda su fatturato. La marginalità è poco significativa, sia perché per una società cooperativa quel che conta di più è la remunerazione ai soci ovvero ai conferitori delle uve, sia perché la quota è condizionata dagli investimenti messi in cantiere da ciascuna azienda, a partire da quelli per i nuovi impianti di vinificazione.