Nel bene e nel male, è l’andamento del Covid-19 a segnare in maniera decisa le evoluzioni sul mercato del vino in questo 2020. Secondo le proiezioni IRi presentate (virtualmente) a Verona, alla tavola rotonda su “Vino e Grande distribuzione di fronte al cambiamento”, organizzata da Veronafiere nell’ambito di wine2wine, la gdo porta in dote un +5,3% nella vendita vini con un +1,4% di prezzi (dati all’8 novembre).
“Nel primo semestre la gdo ha registrato un solido +7,3%, mentre tra luglio e settembre c’è stato un allineamento all’andamento degli anni precedenti, per poi risalire con la seconda ondata Covid a +2,8% in ottobre e +6,7% nelle prime due settimane di novembre”, rimarca il direttore Business Insight IRi Virgilio Romano. Se il lockdown (più o meno spinto) spinge a rimanere in casa, il risultato è un incremento di spesa al supermarket. E non si parla di scarti minimi: “se le variazioni mese su mese rispetto all’anno prima si leggono normalmente in decine o centinaia di migliaia di litri – osserva Romano – tra marzo e giugno 2020 parliamo di un incremento a volumi venduti in gdo di oltre 20 milioni di litri di vino”.
In questo scenario, non tutti festeggiano. Il primo lockdown ha colpito gli spumanti in negativo (quasi 2 milioni di litri) per i mancati festeggiamenti pasquali, ma le bollicine si sono riprese in estate (realizzando complessivamente un +10,4% da inizio anno). Inoltre la “rivoluzione” Covid di primavera sembra aver rovesciato le dinamiche di crescita: vini da tavola e Igt in accelerazione, Doc e Docg in lenta progressione. E considerando le prime 10 tipologie per prezzo medio a scaffale, la triade Brunello-Barolo-Amarone ha sofferto il lockdown, mentre i consumatori hanno privilegiato Lugana, Traminer e Nebbiolo.
Le proiezioni IRi si sono concentrate sul mese di aprile 2020, che potrebbe forse offrire input interessanti: in pieno lockdown, gli spumanti erano a -25% e i desueti “bottiglioni” da 150 cl facevano un +29,6%, le grandi superfici perdevano il 12% e i piccoli supermercati urbani guadagnavano il 23,8% (ma non nei centri storici di città d’arte e terziario). E poi il dato ormai ovvio: il +166% di fatturato e-commerce per la distribuzione moderna (con un 52% di nuovi clienti online, di cui la metà pronto a rimanerci).
L’analisi dell’IRi evidenzia come lo sviluppo del mercato del vino nella Gdo si realizzi in un contesto di aumento dei prezzi (+1,4%) e di calo delle promozioni (-3%). E tra le nuove abitudini di acquisto dei consumatori si incrociano salutismo, qualità, gratificazione e sostenibilità, ma anche la convenienza.
Se dalle cantine presenti in gdo viene una conferma dell’importanza di una strategia multicanale – i testimoni a wine2wine erano Villa Sandi e Mondodelvino – e allo stesso tempo un input chiaro a definire meglio l’offerta a scaffale, dai big della grande distribuzione vengono informazioni che mostrano un cambio di scenario evolutivo.
Gianmaria Polti di Carrefour e Alessandra Corsi di Conad, Francesco Scarcelli di Coop Italia e Fabio Sordi di Selex sottolineano unanimemente uno spostamento verso l’alto (per prezzo e qualità) della scelta dei consumatori, tanto che la categoria vino sarà strategica per una gdo chiamata a rafforzare (e innalzare) l’assortimento, creando dove possibile anche delle vere enoteche all’interno degli spazi di vendita. Nonostante la crescita del vino da tavola a inizio lockdown, il trade-up sembra un fenomeno inarrestabile sia focalizzato sui brand che sui vini a marchio del distributore, dato che anche il private label sta registrando una crescita qualitativa apprezzata dalla clientela.
In questo scenario, le cantine che per anni hanno guardato alla gdo come “un canale di serie B” – per dirla con Enrico Gobino di Mondodelvino – ora guardano con interesse al supermarket come medium essenziale per raggiungere il cliente. Emerge con chiarezza però la necessità di una interlocuzione chiara e di lungo periodo: i rappresentanti della gdo riferiscono di scaffali che dovranno essere ripensati anche alla luce del trade-up, integrandoli con offerte oggi orientate solo al mondo horeca, ma a fronte di una progettualità condivisa. Se da un lato dunque i buyer e i category manager non dovranno essere orientati solo al promozionale, dall’altro le cantine blasonate risultano interessanti se potranno portare a scaffale il proprio brand, anziché puntare su linee dedicate alla gdo (magari senza marchio).
di Giambattista Marchetto