Il vino non ha mai reso tanto agli investitori e soprattutto si sta dimostrando un bene rifugio. Ad affermarlo è un’analisi di Bloomberg, dalla quale emergono dati particolarmente favorevoli a chi ha scelto di utilizzare i propri risparmi acquistando bottiglie preziose.
Comprare vini rari è come investire in una start up: c’è bisogno di dieci anni per ottenere un ritorno significativo dall’investimento. Ma a differenza di una start up, il vino in questo periodo si dimostra ben più lucrativo”, si legge nell’articolo pubblicato dalla testata statunitense. Che cita il caso di Cult Wines, società inglese specializzata in quest’ambito: chi avesse investito in questo specialista di fine wines avrebbe mediamente ottenuto un guadagno del 13% annuo, con una punta del 26% durante il 2016. Euromonitor International aggiunge che se il 2018 si sta rivelando rischioso per chi opera nel lusso, chi tratta in vini prestigiosi e in champagne non ha di questi problemi perché il tasso di crescita atteso è del 7 percento.
Occorre però pazienza prima di raccogliere i frutti dell’investimento. Ed è normale che sia così, in un mondo come quello del vino dove il fattore tempo è sempre un alleato e dove non deve esistere fretta né propensione alla speculazione. Secondo Tom Gearing, co-fondatore di Cult Wines, non conviene liberarsene per un periodo compreso tra i 3 e i 7 anni.
I vini più profittevoli? Restano i premier crus di Bordeaux, i quali però non aumentano di valore nei primi anni per presentare forti aumenti nel periodo in cui giungono a maturazione. Pertanto è iniziata la diversificazione e Jamie Ritchie, a capo della parte vini di Sotheby’s, evidenzia una fortissima crescita delle etichette prodotte in Borgogna, salite dal 20% al 40% della quota sul totale investito e oggi sono importanti tanto quanto i grandi Bordeaux che vendono sempre bene, ma oggi ci sono troppe bottiglie in giro.
Quanto all’acquisto en primeur ovvero quando il vino è ancora in botte prima dell’imbottigliamento e prima di essere valutato a livello critico, il rischio aumenta moltissimo, perché l’annata potrebbe non essere all’altezza, ma chi ama rischiare può ottenere un ritorno dal 20 al 40% già nei primi due anni dell’investimento.
E una volta venduto? A chi va il vino che è stato oggetto dell’investimento? I target sono due: ristoranti di fascia alta e consumatori alto spendenti. “Ricompriamo i vini da chi ha fatto l’investimento e li rivendiamo a clienti bevitori. La gente chiede vini maturi”, afferma Stephen Browett, presidente di Farr Vintners, primo wholesaler mondiale del comparto fine wines.