La sede della piccola distilleria Villa Zarri alle porte di Bologna si apre alla ristorazione. Nell’edificio di proprietà di Guido Fini Zarri, dove viene prodotto un brandy di altissima qualità, arriva infatti lo chef Agostino Iacobucci ovvero colui che ha riportato nel capoluogo emiliano, dopo diversi anni di assenza, la stella Michelin al ristorante dell’hotel I Portici, poi confermata anche sotto la gestione del nuovo chef Emanuele Petrosino. L’iniziativa di Iacobucci, questa volta in veste di cuoco e imprenditore di se stesso, è ovviamente molto attesa perché lo chef nella sua carriera ha conquistato due volte la stella partendo da zero, prima a La Cantinella di Napoli e poi a I Portici; si spera perciò nella regola del ‘non c’è due senza tre’…
Nel locale che sarà aperto ufficialmente al pubblico lunedì 8 aprile con il nome di Ristorante Iacobucci, abbinando elementi di spicco della cucina partenopea al patrimonio della tradizione emiliana e a ingredienti di altre culture gastronomiche, lo chef avrà tutto il sostegno del proprietario della struttura. “Mi sento totalmente coinvolto e ho tutto l’interesse affinché le cose vadano bene”, racconta Fini Zarri a Pambianco Wine&Food. “Con Iacobucci abbiamo già ipotizzato le sinergie che potrebbero derivare dall’incontro delle nostre attività, a cominciare dalla più immediata: ora avremo un ristorante all’interno dell’edificio che ospita la distilleria, quindi potremo ospitare molti più eventi. Ci tengo però a precisare che lo chef è autonomo perché il Ristorante Iacobucci è una sua iniziativa imprenditoriale”.
L’attività di Fini Zarri resterà pertanto quella di produrre brandy di alta qualità e lunghi invecchiamenti, in grado di far concorrenza ai più prestigiosi cognac. “Siamo piccolissimi, ma riusciamo a toglierci qualche soddisfazione. Torno ora dalla Cina, dove ho notato con grande gioia che il mio brandy invecchiato 10 anni è in vendita allo stesso prezzo di Hennessy XO. E proprio il successo ottenuto in Cina mi sta mettendo in difficoltà, perché non ho abbastanza prodotto per soddisfare tutte le richieste”.
In effetti i numeri di Villa Zarri sono esigui: si parla di 12 mila bottiglie l’anno di brandy e 8 mila di liquori, per un giro d’affari che non supera i 350 mila euro. Per la famiglia Fini Zarri rappresenta più una passione che un business, essendo quest’ultimo basato sulla gestione di un patrimonio immobiliare consolidato. Ma le premesse per poter crescere ci sarebbero.
Finora ciò non è accaduto anche per una ragione di mancato prestigio del brandy italiano, tuttora considerato un prodotto povero. “Il brandy cadde in disgrazia alla fine degli anni Settanta – ricorda il titolare della distilleria – e noi siamo rimasti l’unica realtà in grado di produrlo in maniera artigianale, ad alto livello e come attività principale. Quando ho iniziato, negli anni Ottanta, speravo che altri mi seguissero, così come è capitato nelle grappe seguendo l’esempio della famiglia Nonino e della distillazione monovitigno. Invece sono rimasto da solo, a rilanciare un prodotto fuori moda e in un mondo che vive di mode”. Eppure in Cina apprezzano: oggi la metà degli incassi di Villa Zarri dipende dall’estero e la Cina è la prima destinazione in fatto di export.