Bottiglie più leggere e razionalizzazione delle tipologie di bicchieri. Uno dei settori più colpiti dall’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia fa i conti con un mercato fermo sul fronte dei consumi ma che esige innovazione e sostenibilità.
Ci sono le bottiglie che custodiscono il vino, un mondo caratterizzato da forme e dimensioni ormai impresse nella memoria di tutti, quelle dedicate esclusivamente agli spirits, un mercato invece più dinamico quanto a novità, infine l’universo dei calici e dei bicchieri nei quali è possibile degustare queste due eccellenze. Il comune denominatore che caratterizza i pensieri, e a volte anche gli incubi, di un po’ tutti i principali player di questo comparto è, però, ormai da qualche anno a questa parte, soprattutto uno: la crescita dei costi di produzione. Aumento dei costi delle materie prime, dei trasporti e soprattutto dell’energia. A questo bisogna aggiungere l’andamento del mercato alimentare del 2023, pressoché fermo sul fronte dei volumi, con la diretta conseguenza che gli stock aumentano e sono da smaltire, sia per chi produce e vende i contenitori di vetro, sia per chi li compra. Insomma, una tempesta perfetta, considerando anche l’ultimo fronte di guerra che si è aperto in Medio Oriente tra Israele e Hamas che aumenta l’incertezza in un settore certamente sano, che continua a innovare e a pensare a nuove soluzioni per il mercato.
La produzione del vetro cavo in Italia
In Italia l’industria del cosiddetto vetro cavo vede la presenza di 17 aziende, per un totale di 40 stabilimenti che occupano una forza lavoro di oltre ottomila addetti (fonte dati: Coreve). Nel 2022 la produzione di imballaggi in vetro, che comprende bottiglie, fiaschi e damigiane, ma anche flaconeria destinata all’industria farmaceutica, cosmetica e profumeria, nonché vasi alimentari e articoli per uso domestico (bicchieri, piatti, accessori per la tavola etc), è stata di 4,7 milioni di tonnellate, in aumento dell’1,5% rispetto al 2021 (fonte: Assovetro). Se consideriamo anche l’importazione (circa 1,3 milioni di tonnellate) e togliamo la produzione interna esportata (poco più di 610 mila tonnellate) arriviamo a un cosiddetto consumo apparente di 5,4 milioni. Tradotto in unità, significa che, per esempio, sono stati immessi sul mercato italiano qualcosa come 2,5 miliardi di bottiglie, con una domanda che è cresciuta nonostante l’aumento dei costi dell’energia e anche del rottame, ormai diventato fonte primaria nella produzione di packaging alimentare in vetro, passato dai 25 euro a tonnellata agli attuali 200.
Caro energia, una matassa di non facile soluzione nel breve
“Il problema dei costi ce lo portiamo dietro dal 2021, quindi prima dello scoppio della guerra in Ucraina”, spiega a Pambianco Wine&Food Laura Miotto, marketing manager di Verallia, uno dei grandi protagonisti a livello internazionale nella produzione di contenitori in vetro per bevande e alimenti, a partire dal vino. Una multinazionale con 34 stabilimenti di produzione in 12 Paesi che produce 17 miliardi di bottiglie e vasi di vetro con un fatturato che nel 2022 è stato di 3,4 miliardi di euro. “A luglio del 2021 il prezzo del gas era già aumentato e alla fine dello stesso anno si era quadruplicato. Poi, con lo scoppio della guerra in Ucraina, il quadro energetico si è aggravato. La decisione, per molti, a cavallo tra il 2022 e 2023, è stata: o aumentare i prezzi o chiudere linee produttive”. Oggi, nonostante il prezzo del gas si sia abbassato, la situazione non sembra essere migliorata più di tanto. “È sempre tre volte più caro del periodo pre-crisi”, continua la manager di Verallia. “Costa 50 euro per megawatt/ora, contro i 15 del periodo pre-crisi”. Nel frattempo, inoltre, “è aumentato il costo di altre materie prime, a partire dal rottame, fondamentale per il packaging in vetro, e poi la soda, che riduce il punto di fusione del vetro, e che in Italia è un problema perché siamo in regime di monopolio”.
Insomma un anno davvero complicato il 2023 per le vetrerie, come conferma anche Vetroelite, realtà che realizza packaging in vetro, dalla bottiglia alla decorazione, soprattutto per il mondo degli spirits, perfume e food&wine, con cinque sedi nel mondo, 130 dipendenti e un fatturato che nel 2022 ha raggiunto i 60 milioni di euro, realizzati per l’80% con l’esportazione. “Gli ultimi anni ci hanno portato ad affrontare eventi di natura straordinaria, che certamente non avremmo mai immaginato potessero verificarsi”, spiega l’azienda con sede a Ormelle, in provincia di Treviso. “La pandemia e la guerra in Ucraina hanno comportato la chiusura di siti produttivi nel mondo del vetro, stravolgendo di fatto i flussi produttivi e di importazione. Una situazione sfidante, che ha messo alla prova per primi noi produttori. A seguito di questi cambiamenti si sono instaurati nuovi equilibri e nuove modalità che sono tutt’ora in una fase di consolidamento”.
Produrre vetro significa inevitabilmente anche essere aziende energivore e c’è chi, in tempi non sospetti, vale a dire nel 1973, ha deciso di sostituire i forni a gas con quelli a fusione elettrica, completando recentemente la transizione ecologica ed elettrificando l’80% della produzione totale. “Una scelta che ci è tornata indietro come un boomerang”, dice non senza una punta di ironia Roberto Pierucci, amministratore delegato di Rcr Cristalleria Italiana, azienda attiva nel mondo dell’arredo tavola, della mixology, della degustazione e dell’arredo casa, con sede nel cuore della Toscana, in Colle di Val D’Elsa, 300 addetti e 50 milioni di euro di fatturato. “A parità di consumo, dal 2019 i nostri costi sono aumentati del doppio nel 2021 e di quattro volte nel 2022. Nel 2023 la situazione è lievemente migliorata, ma ci posizioniamo sempre su un costo doppio rispetto a quello di cinque anni fa”.
Le richieste del mercato
Sostenibilità, qualità e innovazione. Sono tre classiche leve che valgono per un po’ tutti i settori produttivi, ma che nel caso di chi produce bottiglie di vetro o bicchieri di cristallo assumono connotazioni specifiche. “Quest’anno nel settore del vino fermo abbiamo lanciato una bordolese da 300 grammi. La più leggera sul mercato era di 350 grammi”, afferma Laura Miotto di Verallia, confermando come il tema dell’alleggerimento delle bottiglie nel mondo del vino sia diventato una necessità, soprattutto se esporti in certi mercati come Usa, Canada o Giappone. “Non è stato facile, perché mantenere le prestazioni con un peso contenuto è stato un lavoro di ricerca e sviluppo molto complicato durato due anni”. Anche nel mondo degli spirits questo tema è molto attuale e fa rima, naturalmente, con quello della sostenibilità. “L’attenzione per l’ambiente passa anche per lo sviluppo del design di un nuovo prodotto”, afferma Vetroelite. “Le linee, gli spessori, il peso, sono tutti elementi protagonisti di un pensiero ecosostenibile. Alcuni dei nostri prodotti più iconici sono stati declinati nella versione eco: più leggeri, con meno vetro al fondo, ma sempre con un’allure ricercata e di alta gamma. L’obiettivo è sempre proporre forme che esaltino il contenuto e che siano in grado di trasmettere un’esperienza di design dalle infinite potenzialità narrative”.
Nel caso dei bicchieri, in particolare quelli da degustazione, qualità e sicurezza sono valori che il mercato ha ricominciato a chiedere, ma non solo. “Oggi la ristorazione ci chiede di fare due calici che abbiano la funzione di dieci”, spiega Roberto Pierucci. Sebbene il mercato continui a richiedere bicchieri specifici per determinate tipologie di vino, la ristorazione ha ormai deciso di diminuire il numero di calici da tenere in assortimento. Anche questa è sostenibilità. “Una razionalizzazione che esalta la capacità di innovazione di noi produttori: dobbiamo inoltre fare prodotti che durino di più e siano in grado di mantenere la brillantezza dopo tanti lavaggi. Non a caso i francesi la sostenibilità la chiamano durabilité”.