Forte di un giro d’affari di circa mezzo miliardo di euro, Verallia Italia ha risorse da investire per la crescita nel suo business di riferimento: la produzione di packaging in vetro (bottiglie e vasi) per l’industria del food&beverage, dove la quota del secondo arriva a rappresentare l’80% del fatturato tra vino, birra, acqua minerale e altre bevande. L’ultimo investimento messo in cantiere è l’undicesimo stabilimento sul territorio nazionale, a Villa Poma (Mantova), con il quale la filiale italiana della società nata da Saint-Gobain e poi acquisita nel 2015 dal fondo Apollo con Bpi France intende incrementare la propria capacità nella gestione di un prodotto di fascia premium e di design, in alternativa alle grandi produzioni standardizzate, e concentrato sulle tonalità del bianco o del mezzo bianco sempre più richiesto non soltanto per il beverage alcolico ma anche per i vini di fascia alta.
Marco Ravasi, amministratore delegato di Verallia Italia, riporta le cifre di un business in evoluzione positiva. “Il food&beverage è tuttora un comparto trainante – spiega a Pambianco Wine&Food – e tra le destinazioni dei nostri prodotti non ci sono esempi contrari, tranne talvolta l’olio ma per dinamiche legate alla scarsa produzione piuttosto che per un calo di mercato. Il vero fenomeno è la birra, che a livello europeo aumenta al ritmo del 10% annuo e che in Italia è cresciuta del 7% nel 2017 e del 6,5% nel 2018”. In questo contesto, l’investimento di Villa Poma va a integrare l’offerta della società per garantire ai clienti la possibilità di scegliere tra formati e colori innovativi. “Il nostro footprint industriale nasce dal vino e grazie alla presenza di 11 stabilimenti, considerando anche quello in arrivo, siamo in grado di assicurare piccole serie e prodotti specializzati per l’alta gamma”. In totale, la produzione di Verallia Italia supera i tre miliardi di pezzi e l’occupazione è di 1.150 addetti, per il 98% assunti a tempo indeterminato, a cui si aggiungono i 200 dell’indotto.
Per il packaging in vetro si aprono possibilità di crescita ulteriore legate alla sostituzione della plastica. Ravasi racconta: “Si tratta di una richiesta che arriva dal basso: lo vuole il consumatore. La gdo pone delle resistenze al vetro, principalmente per ragioni di peso, ma con lo sviluppo dell’e-commerce e con la conseguente consegna a casa della spesa, che agevola ulteriormente il cliente finale al pari della differenziata porta a porta per lo smaltimento, sono abbastanza sicuro che la gdo subirà una spinta ulteriore da parte di chi acquista a cambiare il suo punto di vista. Già oggi abbiamo molti nostri clienti f&b che ci chiedono di realizzare serie in sostituzione della plastica”.
Intanto la casa madre procede verso l’Ipo. Ad aprile, la società controllata da Apollo ha confermato l’esistenza di un piano per quotarsi all’Euronext di Parigi entro l’anno, dando anche notizia di una chiusura del primo trimestre 2019 del +6,7% (+9,9 a tassi costanti) a quota 633 milioni e con un ebitda di 142 milioni (+22,3% a tassi costanti).