Non sarà mai Pasqua senza uova di cioccolato, e allora Venchi ha deciso di inviare un segnale allineato al senso della festività e riapre una parte dei suoi negozi, quelli che hanno il codice Ateco giusto per poter continuare l’attività come categoria alimentari. In diverse città italiane (Bologna, Firenze, Milano, Padova, Roma, Siena, Venezia, Vicenza) l’attività riprenderà oggi, venerdì 3 aprile. Viene naturalmente esclusa la somministrazione al pubblico e quindi non ci sarà la produzione e vendita di gelati, attività cruciale per il giro d’affari del retail a marchio Venchi, in grado di generare la metà degli introiti.
“Nelle settimane precedenti, dopo l’inizio dell’emergenza, avevamo scelto di chiudere per la sicurezza dei nostri dipendenti – spiega a Pambianco Wine&Food l’amministratore delegato Daniele Ferrero – che oggi sono più sereni: loro stessi ci hanno chiesto di poter tornare al lavoro, ovviamente rispettando tutte le norme di sicurezza. Abbiamo perciò deciso di riaprire, e il personale opererà su base volontaria. Non contiamo di incassare cifre record, perché la mancata vendita del gelato peserà molto in questo periodo, ma vogliamo dare il segnale che siamo pronti a riprenderci la nostra vita”.
Pasqua è il momento clou per il cioccolato. E dopo una Quaresima di quarantena, pur consapevole che la fine dell’emergenza non è dietro l’angolo, l’azienda piemontese ha sciolto le riserve per celebrare degnamente la ricorrenza. “Per tre motivi”, precisa Ferrero. Primo: l’uovo di Pasqua è stato inventato a Torino ed è una tradizione tipica della cioccolateria italiana, quindi non esserci sarebbe stato un crimine. Secondo: l’uovo è simbolo di convivialità, famiglia e, e per quanto possibile ora, di allegria, tutti valori che appartengono al nostro brand. Terzo: l’uovo di Pasqua è la rinascita, e noi tutti vogliamo rinascere. Vedremo se i clienti ci daranno ragione”.
La fiducia di Venchi è tale che l’azienda ha confermato il piano di apertura proprio laddove tutto ebbe inizio: a Wuhan, nella provincia di Hubei. “Avremmo dovuto inaugurare lo store a giugno, secondo programma, ma poi il centro commerciale che doveva ospitare il nostro negozio ha avuto comprensibili ritardi di costruzione. Ci hanno chiesto se vogliamo rispettare il contratto e noi abbiamo risposto di sì. Per dicembre dovremmo riuscire a tagliare il nastro” sostiene il ceo di Venchi.
Oltre a Wuhan, Venchi continuerà ad aprire nuovi negozi a cominciare da Bologna, dove cessata l’emergenza verrà avviato il quarto locale in via Indipendenza. A Milano, invece, oggi riaprirà lo store di via Dante, l’ultimo inaugurato prima della serrata. All’estero, il 5 marzo è stato aperto il secondo negozio di Tokyo. In Cina, Hubei a parte, ci sono sei aperture previste tra giugno e luglio. Slitterà un po’ il taglio del nastro dello shop in shop previsto da Harrods a Londra, così come sono sospesi i due progetti legati a New York.
Come si potrebbe chiudere il 2020? “Non ci siamo fatti un’idea del tutto precisa, e del resto non è facile – replica Ferrero – ma potrebbe esserci un calo del 30%, magari in parte mitigato dalla crescita incorporata che avevamo prima dell’emergenza. Spero che la ripresa totale delle attività possa avvenire in fretta e che, a partire da luglio, questa crisi sia solo un ricordo”.
Venchi aveva chiuso il 2019 con circa 100 milioni di ricavi, in crescita del 10%, generati per la maggior parte con i propri negozi e per il resto da vendite a terzi. L’Italia rappresenta il 65% del business. “Abbiamo tanti punti vendita in località turistiche, e la grande incognita della ripartenza è proprio legata al turismo, che temo stenterà a riprendere quota”, conclude l’ad.