“L’alternativa era restare chiusi. A quel punto, abbiamo voluto creare qualcosa di magico”. Davide Bisetto, chef del ristorante Oro all’hotel Belmond Cipriani di Venezia, racconta così la genesi della nuova formula del locale stellato Michelin all’isola della Giudecca. L’assenza del turismo extra Ue pesa come un macigno sui conti dell’hotellerie e della ristorazione veneziana. Enit ha calcolato un -60,7% di ingressi internazionali in laguna, dato che pone Venezia al terzo posto nella classifica delle città più colpite dopo Firenze e Napoli. La clientela del Cipriani è perlopiù internazionale, e per l’hotel non è stato semplice riprendere l’attività, così come per il ristorante. Anzi, per i ristoranti.
Perché il Belmond di Venezia ne ha tre: oltre all’Oro, ci sono il Cip’s Club e il Giudecca 10. La scelta per il 2020 è stata di riprendere a pieno ritmo al Cip’s, sacrificando il Giudecca 10, e poi c’era il dilemma dell’Oro: riaprire o tenere chiuso? A quel punto, si è deciso per la formula spinta da Bisetto, che l’aveva ideata con la moglie durante il lockdown: just one table, un solo tavolo, per un massimo di sei persone. E solo servizio cena. Una sorta di bespoke che, afferma Bisetto, “sarebbe bello portare avanti per sempre, perché non esiste qualcosa di simile in nessuna parte del mondo, perlomeno non all’interno di un hotel di massima categoria. E anche perché, personalmente, mi piace molto”. A Bisetto piace al punto da dedicarsi in prima persona al servizio, che viene condotto da lui soltanto in cucina e da un unico maître in sala. “Anche se qualche volta c’è pure mia moglie, proprio perché ci piace dare l’idea che venire all’Oro sia un po’ come cenare a casa mia”.
Dal punto di vista economico, la formula regge proprio perché non comporta costi aggiuntivi. Lo spazio c’era comunque, il costo del personale è quello dello chef, il quale ci sarebbe stato comunque. Il tavolo ospita al massimo sei persone, e la formula di Oro prevede un menù realizzato in base alla fantasia dello chef a un prezzo di 220 euro a persona, con i vini conteggiati a parte e che il più delle volte costituiscono la quota maggioritaria del conto finale. “Sono grato alla proprietà perché mi sta dando la possibilità di fare tutto questo non in un posto qualsiasi, ma al Cipriani! Con una formula che non prevede compromessi e mi riporta all’essenza della ristorazione, un mestiere fatto di passione e di generosità. Spero davvero che l’esperimento possa continuare anche quando il Covid sarà solo un brutto ricordo”, afferma Bisetto, che è al Belmond Cipriani dal 2014. In precedenza, aveva raccolto fama e stelle in Francia, prima a Parigi al ristorante Carpaccio e poi in Corsica al Casadelmar.
Ora per il tavolo singolo dell’Oro c’è una lunga lista d’attesa da gestire. “Tutti lo vorrebbero, poi magari vanno al Cip’s e intanto lo prenotano per la volta successiva in cui verranno a Venezia. Così lavoriamo su due binari e comunque fidelizziamo la clientela”, dice Bisetto. Il cui unico rammarico, quest’anno, è quello di aver dovuto rinunciare a una parte dell’organico. “Da 180 persone che eravamo, oggi siamo in cento. I conti tornano, ma dispiace per chi non è più con noi. Purtroppo i clienti internazionali non si possono sostituire, soprattutto qui a Venezia. Occorre reinventarsi. E se non lo facciamo noi italiani, che siamo maestri in questo, chi può farlo?”, si chiede lo chef, evidenziando però un altro aspetto, quello della crisi pregressa del fine dining. Si dice che il Covid sia stato un acceleratore di tendenze già in atto, e allora per Bisetto questo si applica anche all’alta ristorazione. “Il modello non funzionava più, proprio perché i ristoranti di questo livello erano diventati come macchine di serie, stava svanendo il ‘sogno’, e una parte della clientela di riferimento si era allontanata. Un modello basato sull’avidità imprenditoriale non è corretto per il fine dining. Ora tutto si riparametra, o almeno me lo auguro”.