Il 2018 per l’industria alimentare italiana è stato un anno a due velocità: buona all’inizio, rallentata alla fine. I dati economici presentati a Milano da Federalimentare durante la conferenza stampa di Cibus Connect, che si terrà alla fiera di Parma il 10 e 11 aprile, indicano in 140 miliardi di euro il giro d’affari complessivo, con un aumento di poco superiore all’1 percento e tutto legato all’export, che lo scorso anno ha fatto segnare i 32,9 miliardi con una progressione del 3 percento. La crescita inizialmente prevista era del 2%, ma il cattivo andamento del mese di dicembre (-4%), cruciale per i consumi, ha influito negativamente sul dato conclusivo.
Il brutto finale di partita non impedisce a Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, di evidenziare la solidità dell’industria del cibo. “La classe dirigente di questo paese – ha affermato –deve capire chi siamo, cosa rappresentiamo e la ricchezza che creiamo. Con 140 miliardi, l’alimentare è il secondo settore industriale italiano dopo quello metalmeccanico, genera l’8% del pil, e le nostre associazioni rappresentano 56 mila aziende che danno lavoro a 385 mila addetti. I consumi nazionali sono deboli, soltanto la birra ha ottenuto una variazione in positivo. Ma all’estero continuiamo a crescere e aver ottenuto un +3% dopo un 2017 eccellente, caratterizzato da un incremento dell’8%, è stato un ottimo risultato”.
Vacondio ha inoltre ribadito l’importanza della trasformazione, nel confronto con la produzione agricola, non solo come immagine ma anche come valore numerico: “Su 40 miliardi complessivi di export, l’industria ne genera 32 e il primario 8. Siamo noi a girare il mondo con la valigetta e quindi vorremmo essere ascoltati di più, soprattutto quando reclamiamo di andare avanti con gli accordi bilaterali che sono indispensabili in chiave export e anche per poter accedere alle materie prime d’importazione, da cui dipendiamo in larga parte”.
Intanto Cibus Connect continua a crescere e oggi costituisce di fatto il completamento dell’annualità di Cibus, che si tiene negli anni pari. L’evento smart di Fiere di Parma ha più che raddoppiato il numero degli espositori e i metri quadri espositivi rispetto alla prima edizione del 2017: saranno circa 800 le aziende presenti al via, con un’attesa di circa 10 mila visitatori professionali, di cui il 30% provenienti dall’estero. La fiera si apre in concomitanza con l’ultimo giorno di Vinitaly e questa sinergia, grazie anche all’azione di incoming mirato gestita da Ice Agenzia, potrebbe contribuire ad aumentare gli ordinativi nell’uno e nell’altro settore, puntando su profili di buyer che operano sia nel vino sia in alcuni ambiti dell’alimentare, a cominciare dai dolci e dai prodotti da forno.
A Cibus Connect sarà presente un’area di produttori segnalati da Slow Food e uno stand di Assobio in rappresentanza della comunità imprenditoriale del settore agroalimentare biologico.
“Stiamo vivendo un momento irripetibile – ha affermato Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma – ma non dipende soltanto da Cibus. Al mio arrivo, questa fiera generava l’80% del fatturato e il 70% di ebitda sul bilancio totale, oggi in termini di ebitda non supera il 35 percento. Eppure a Parma con Cibus abbiamo costruito una macchina da guerra che nessuno può imitare, perché siamo nel cuore della food valley e nell’arco di 100 km si trova il 95% delle nostre dop e igp. Abbiamo una generazione di giovani imprenditori più bravi dei loro colleghi europei, legata al territorio e con aziende che portano il loro cognome. E Fiere di Parma dispone di una squadra straordinaria per competenze e capacità di offrire valore aggiunto”. Nel 2018, Fiere di Parma ha generato 40 milioni di fatturato e 10 milioni di ebitda.