Cresce tra Lombardia e Puglia la famiglia del consorzio Italia del Vino. Sono due le new entry anticipate a Pambianco Wine dal presidente Andrea Sartori e che porteranno a 18 il numero delle aziende aderenti al gruppo già ora rappresentativo in chiave export, con una quota vicina all’8% delle esportazioni nazionali di settore, per un fatturato totale di quasi un miliardo di euro. I nomi sono quello già effettivo di Torrevento, con sede a Castel del Monte (Andria) e con 250 ettari di proprietà, e quello annunciato di Ca’ Maiol, realtà di Desenzano del Garda (Brescia) recentemente acquisita dal gruppo Santa Margherita, con 140 ettari di superficie e 10 milioni di ricavi attesi a fine anno.
“In Puglia – spiega Sartori a Pambianco Wine – il consorzio era già presente attraverso le realtà controllate da Gruppo Italiano Vini e da Zonin 1821 ma non avevamo un’azienda a vocazione 100% pugliese e ora abbiamo rimediato. Quanto a Ca’ Maiol, pur essendo stata acquisita da Santa Margherita resta una realtà amministrativamente separata esattamente come Mesa, anch’essa rilevata dal gruppo controllato dai Marzotto e già nostra consorziata”. La squadra di Italia del Vino è quasi completa, anche se Sartori esprime il desiderio di inserire (“Ma con molta calma”) un paio di realtà rappresentative della fascia adriatica centrale, in particolare di Marche e Abruzzo.
Le sedici realtà di Italia del Vino sono state protagoniste di recente in Cina dove il consorzio ha organizzato due eventi, uno a Pechino e uno a Shanghai, nell’ambito delle sue attività promozionali in un paese dove l’Italia cresce quest’anno al ritmo del 30% e tenta di colmare il gap che la separa dalla Francia. Proprio in questi giorni sono emerse notizie preoccupanti da un altro mercato chiave per le esportazioni tricolori, gli Stati Uniti, nel quale la leadership italiana è in discussione per la crescita monstre dei francesi a cui si contrappone quella flat degli italiani del vino.
Secondo Sartori, il limite che condiziona l’export nazionale è avere troppe tipologie di vini e troppo poco conosciute. “Credo che il 70-80% del nostro export dipenda da una decina di referenze. Il risultato inferiore alle attese negli Usa dipende dal Pinot Grigio, uno dei nostri vini di punta, che è stato in parte sostituito da quello a produzione californiana. Se negli States stiamo aumentando del 4% anziché perdere quota è principalmente grazie al Prosecco. Avremmo tante opportunità da sfruttare, purtroppo però esistono vini come l’Orvieto, il Frascati o il Verdicchio che sono scomparsi dai mercati esteri. Occorre investire un sacco di quattrini in promozione e comunicazione, ma soprattutto aumentare il posizionamento. Il risultato della Francia indica che vanno bene i prodotti di prezzo alto e medio/alto, non quelli sottoposti a concorrenza locale o di Paesi emergenti”.
Quanto alla Cina, le impressioni tratte da Sartori dopo l’ultima missione commerciale sono abbastanza nette. “Alcune delle nostre aziende sono organizzate e lentamente stanno raccogliendo risultati. Gruppo Italiano Vini e Zonin hanno le loro filiali distributive in Cina, noi contiamo su un’area manager dedicato, Ferrari ha la sua forza vendita… Mi pare impensabile poter ottenere successo senza essere presenti in maniera diretta in un Paese nel quale i francesi possono contare sulla fama conquistata dopo 40 anni di presenza e anche su una distribuzione diffusa come quella di Carrefour, che ha 160 punti vendita in Cina”.