La terza stella a Enrico Bartolini rende giustizia a Milano. Si può dire che la guida Michelin non potesse più ignorare il livello raggiunto dalla ristorazione nella città divenuta ormai una delle capitali mondiali del food, soprattutto dopo Expo 2015. Eppure un ristorante con il massimo numero di stelle o, per dirla alla maniera della Michelin, “che vale il viaggio”, mancava dai tempi di Gualtiero Marchesi in via Bonvesin de la Riva.
In città fino allo scorso anno c’erano quattro “due stelle” (Bartolini, Seta, Il Luogo di Aimo e Nadia, Vun) e quattordici single star, ma certamente appariva quantomeno bizzarro che un luogo così importante per la ristorazione fosse privo di un massimo riconoscimento, in presenza peraltro di due candidati forti come Bartolini e Guida (Seta del Mandarin Oriental). E così, con la presentazione della guida 2020 avvenuta oggi a Piacenza, Milano finalmente entra a far parte dei centri dove si può anche andare per provare un ristorante tristellato, esattamente come accade nelle metropoli che contano, Roma compresa. E la scelta della Michelin è ricaduta su Bartolini, che non ha solo vinto: ha stravinto, ottenendo la terza stella per il suo ristorante al Mudec e anche la seconda per il Glam a Venezia. Considerando tutti i locali riconducibili allo chef di origine toscana, il quasi quarantenne Bartolini arriva a otto stelle Michelin.
“Mi sento come se avessi vinto un oro olimpico. Un risultato così non si pianifica: si ambisce da sempre, ma non ce lo si aspetta mai”, ha commentato Bartolini subito dopo l’assegnazione delle nuove stelle. Il suo è stato un percorso lento di avvicinamento non solo ai massimi traguardi secondo le valutazioni della guida “Rossa”, ma anche a Milano, dove ha trovato il terreno ideale per raccogliere i risultati che merita.
Era il 2009 quando il non ancora trentenne Bartolini conquistò la prima stella a Le Robinie, il ristorante in Oltrepò Pavese di proprietà del compianto hair stylist Aldo Coppola, che lo fece conoscere al pubblico gourmet. L’anno dopo, inizia la sua avventura al Devero Hotel di Cavenago Brianza, dove conferma la stella per poi arrivare, nel 2014, alla seconda. E infine il rocambolesco ma efficacissimo passaggio al Mudec, che gli varrà come trampolino di lancio non solo per la ristorazione e per i conti della sua azienda (che nel 2018 ha fatturato 9 milioni di euro contro i 6,1 milioni del 2017), ma anche per l’avvio di iniziative “stellate” in altre città: oltre al Glam a Venezia, c’è infatti la stella del Casual a Bergamo, della Trattoria Bartolini presso L’Andana Resort a Castiglione della Pescaia e la Locanda del Sant’Uffizio in Monferrato. Si è aggiunta quest’anno la nuova consulenza per Allianz a Borgo San Felice. Ma il centro di tutto resta Milano. “È al Mudec che nascono le idee e i progetti che poi trasferiamo negli altri ristoranti. Milano è un fermento, Milano è creatività, grazie anche ai molti bravissimi colleghi che stanno facendo un lavoro egregio nella proposta gastronomica”, ha affermato lo chef, che ha anche avviato un rapporto con Pandenus nella fascia di ristorazione accessibile.
Naturalmente la terza stella di Bartolini e, dopo tanti anni, il ritorno di Milano tra le città tristellate hanno monopolizzato l’attenzione sulla presentazione della guida 2020, che però vede altre due belle novità nell’ambito delle due stelle. I ristoranti “bistellati” salgono da 33 a quota 35 perché oltre al Glam di Bartolini, c’è anche la promozione de La Madernassa a Guarene (Cuneo), dove opera lo chef Michelangelo Mammoliti. Inoltre ci sono 328 ristoranti con una stella, tra i quali compaiono 30 novità. “Congratulazioni a tutti gli chef e ai loro team che danno risalto alla scena gastronomica italiana, che può andar fiera dei suoi 374 ristoranti stellati”, ha affermato Sergio Lovrinovich, direttore della guida Michelin Italia.