Per raccontare il mondo del tequila, che per inciso si deve trattare sempre al maschile, come spiega anche l’Accademia della Crusca, non si può prescindere dalla storia di George Clooney e di Casamigos. Siamo nel 2013 quando la star di Hollywood, insieme a Rande Gerber e Mike Meldan, imprenditore della vita notturna e marito di Cindy Crawford il primo, immobiliarista il secondo, decidono di fondare quello che diventerà presto il distillato di agave blu più famoso degli Stati Uniti: Casamigos. Risultato, quattro anni più tardi, i tre amici vendono la loro creatura a Diageo per settecento milioni di dollari (allora 623 milioni di euro) più altri trecento milioni di bonus (263 milioni di euro). Fiutato l’affare a distillare il prodotto più famoso del Messico ci si sono buttati un po’ tutti, con risultati alterni. Ci hanno provato attori come Dwayne Johnson, Arnold Schwarzenegger, Kevin Hart e Sam Heughan. Cantanti come Rita Ora e Sammy Hagar, la modella Kendall Jenner e persino Michael Jordan, che ogni anno deve pensare a dove mettere le royalties che percepisce da Nike (250 milioni di dollari nel 2022). Va da sé che, scorrendo l’elenco dei produttori famosi, l’evidenza è tutta a stelle e strisce. Perché quello degli Usa, ancor più che il Messico, almeno per l’alto di gamma, è il mercato che assorbe, e di gran lunga, la maggior parte della produzione.
LA TEQUILA CORRE VELOCE, ANCHE CON LVMH
Una produzione che per l’International Wine and Spirit Research (Iwsr) ha toccato i 10,4 miliardi di dollari (circa 9,6 miliardi di euro) in valore nel 2022 e che, entro il 2029, si stima possa superare i 15,5 miliardi, per un tasso di crescita composto (Cagr) del 5,89 per cento. Non è una caso quindi se nel 2017, anche un colosso come Moët Hennessy, la divisione Wines & Spirits di Lvmh, che da sola nel 2022 ha chiuso a quota 7,1 miliardi di euro con un utile operativo da 2,2 miliardi, ha deciso di affacciarsi sul mercato. Per farlo ha scelto il tequila Volcan De Mi Tierra siglando una partnership con la famiglia Gallardo: una delle più antiche e influenti nella zona di Jalisco, cioè la patria dell’agave blu. “Nel 2022, rispettando le nostre previsioni e a meno di tre anni dal lancio ufficiale in Italia, Volcan De Mi Terra ha conquistato il podio dell’ultra premium, guadagnandosi il terzo posto con una segment-share dell’11 per cento”, ha racconato a Pambianco Wine&Food Flavia Di Giustino, senior brand manager spirits portfolio Moët Hennessy Italia. Il tutto in un contesto di mercato che, come ha sottolineato la manager, “rappresenta la nostra arena di riferimento e che nel 2022 ha segnato un +71% a fronte di una crescita di categoria al +30 per cento”. Certo è che, come ha spiegato Di Giustino, “si tratta comunque di un segmento ancora molto piccolo, con i suoi circa 75mila litri, ovvero il 5,2% dei volumi totali consumati, però con notevoli prospettive di crescita”. Ancora più piccolo, ma più appetibile per il classico target Lvmh, c’è il segmento prestige, cioé quello da mille euro a bottiglia, in cui “Volcan De Mi Tierra, con Volcan X.A., è entrata un paio di anni fa nel mondo e dal 2022 in Italia, e che sì vale solo lo 0,1% dei volumi totali, ma è in forte espansione e vede proprio l’Italia come uno dei mercati più strategici”.
QUANTO VALE L’ITALIA?
Nel pieno rispetto dei grandi segreti produttivi e di valore gelosamente custoditi sia dalle grandi holding del bere come dai piccoli produttori, andando a guardare i dati forniti dal Consejo regulator del Tequila si scopre che in Italia è in corso una vera e propria tequila connection. Questo perché, secondo i numeri pubblicati dall’organizzazione messicana, l’Italia, a fine 2022, con una crescita del 103% per circa 4,2 milioni di litri, si è issata all’ottavo posto delle destinazioni a livello internazionale. Un valore nemmeno paragonabile agli oltre 300 milioni di litri che finiscono negli Stati Uniti, ma segnato in decisa crescita anche in questo primo semestre 2023. Così, guardando alla prima metà dell’esercizio in corso, si scopre che il Belpaese, con 2,7 milioni di litri importati, di posizioni ne ha guadagnate altre due, toccando la sesta posizione. A dettare il ritmo sono sempre gli Usa con 165,5 milioni di litri, quindi la Spagna a 6,3 milioni, la Germania a 5,8 milioni, la Francia a 4,1 milioni e il Regno Unito a 4 milioni. Mentre a essere superati sono stati Canada, a 2,5 milioni, e Australia, a 2,4 milioni di litri. Questi dati, però, si riferiscono alle esportazioni, quindi al sell-in (il venduto verso un intermediario commerciale), per questo sono molto diversi da quelli elaborati e diffusi dall’International Wine and Spirit Research, che invece fanno riferimento ai consumi e che indicano in 1,4 milioni i litri di tequila bevuti in Italia nel 2022. Un dato che, come ha sottolineato Flavia Di Giustino, “ci racconta sì, un mercato ancora relativamente piccolo se paragonato a gin e vodka, con quest’ultima che va oltre quota nove milioni. Ciononostante, la crescente domanda di mercato e la conseguente crescita del business rendono il tequila una delle categorie più hot del momento, considerato che i consumi dell’anno scorso hanno maturato un +30% sul 2021 e addirittura un +47% sul 2018”. Il tutto senza considerare che il fenomeno tequila non è ancora veramente partito nelle categoria d’accesso di prodotto, cioè quelle che, una volta animate, saranno destinate a movimentare più quantità che valore.
IL QUADRO INTERNAZIONALE
Non è un caso quindi se sul fronte delle acquisizioni i grandi big del mercato degli spirits si sono mossi senza guardare al risparmio. Perché oltre al progetto Lvmh con Volcan De Mi Tierra e di Diageo con Casamigos, il colpo più eclatante è stato messo a segno nel 2018 da Bacardi Limited con l’acquisizione di Patròn Spirits International per un valore d’impresa stabilito in circa 5,1 miliardi dollari (allora circa 4,5 miliardi di euro). Dato mai ufficializzato, essendo il gruppo cubano fondato nel 1862 una holding familiare con sede a Bermuda, ma più che verosimile, considerato che è servito a conquistare il tequila premium più venduto al mondo la cui produzione è stimata in circa 3,5 milioni di casse da nove litri (circa 30 milioni di litri). Non solo, perché anche Diageo non sta risparmiando investimenti. Nel periodo 2021-2023, il gruppo britannico ha programmato investimenti per 500 milioni di sterline (583,3 milioni di euro), 160 milioni dei quali destinati alla costruzione di due nuove distillerie nello stato di Jalisco, mentre altri 123 milioni sono serviti per l’acquisizione, nel 2022, del tequila aromatizzato super-premium 21Seeds. Strategia sostenuta da un mercato che, nell’ultimo esercizio, ha visto il comparto crescere del 15%, con Casamigos del +14%, a circa 2,4 milioni di casse stimate (circa 20 milioni di litri), e Don Julio del +13% per circa due milioni di casse (circa 17 milioni di litri). Il che si traduce, secondo le stime, in un volume vendite di oltre 1,5 miliardi di sterline (1,75 miliardi di euro) sui 17,1 miliardi totali (circa 20 miliardi di euro) maturati nel corso del 2023 dal gruppo londinese. A investire, guardando all’Italia, è anche il gruppo Campari, forte di in semestre 2023 da quasi 1,6 miliardi di euro e già proprietaria di Espolòn e Cabo Wabo, che nello scorso mese di aprile ha lanciato il suo nuovo tequila blanco ultra-premium Mayenda. Il gruppo milanese ha infatti deciso di spendere buona parte dei 45,2 milioni di euro investiti nel semestre in Messico per ampliare la catena di approvvigionamento per la produzione di tequila.
AGAVE E FUTURO
Dunque se il mercato è in continua crescita, e lo farà oltremodo quando la moda del tequila toccherà anche le fasce d’accesso del mercato anche al di fuori di Messico e Usa, il vero allarme potrà arrivare solo dal disciplinare che impone la produzione in soli cinque stati del Messico e, soprattutto e conseguentemente, dalla coltivazione dell’agave che ha bisogno dai sette ai quattordici anni di tempo prima di arrivare a maturazione e essere pronta per il processo produttivo. Un segnale in questa direzione sembra arrivare già in questo 2023 dove, secondo i dati sulla produzione totale pubblicati dallo stesso Consejo regulator del Tequila, la produzione di tequila nel semestre ha mostrato sì un volume maggiore rispetto al passato, ma con un tasso di crescita decisamente più limitato. Per una produzione che ha raggiunto i 322,9 milioni di litri, contro i 315 milioni del 2022, ma con passo ridotto se guardiamo a un 2021 da 260 milioni. Se il plateau produttivo sarà già stato raggiunto lo si scoprirà nel giro di un biennio, quando il Messico sarà chiamato a superare i 651,4 milioni di litri del 2022, che erano 527 milioni nel 2021 e 374 milioni nel 2020.