Gli Stati Uniti si confermano un mercato chiave per il vino italiano. I nostri produttori, nonostante l’aumento della concorrenza internazionale e l’ingresso di nuovi player caratterizzati da un ottimo rapporto qualità/prezzo, restano i leader di settore con una quota di mercato pari al 28% in volume e al 33% del valore totale delle importazioni. È quanto emerge dall’analisi effettuata dall’Italian Wine & Food Institute, che certifica come il 60% delle importazioni Usa di vino siano basate su tre soli Paesi: Italia, Australia e Cile. “In passato l’Italia – commenta Lucio Caputo, presidente dell’Iwfi – è riuscita ad assorbire meglio degli altri Paesi europei lo svantaggio di un cambio sfavorevole e a contenere al contempo la prorompente e congiunta invasione del mercato statunitense da parte dei paesi dell’emisfero meridionale, resistendo, in particolare, all’attacco dei vini australiani che erano riusciti ad insediarne la leadership”. Il quadro è ulteriormente migliorato quest’anno, con il deprezzamento dell’euro sul dollaro. Diversa la situazione degli altri competitor europei. La quota complessiva delle importazioni dal vecchio continente è infatti diminuita per il progressivo calo dell’export francese, condizionato dall’incremento dei prezzi nel periodo dell’euro forte. La Francia, che un tempo occupava la seconda posizione dopo l’Italia, è scesa al quinto posto, superata anche dall’Argentina, e ora precede Spagna, Germania e Portogallo. Il cambiamento avvenuto nel mercato americano è evidente se si confrontano le quote all’import dei Paesi dell’emisfero nord contro quelli dell’emisfero sud: Australia, Cile, Argentina e Nuova Zelanda messi assieme (senza considerare peraltro il Sudafrica) superano infatti il 50%.