Lo spirito nazionale si impone nel mercato della pasta. I principali marchi industriali hanno infatti convertito, del tutto o in parte, le proprie produzioni puntando sulla filiera corta, scegliendo grano 100% italiano ed evidenziando nei pacchi in commercio la scelta strategica, che evidentemente risulta premiante in termini di vendita. L’ultima novità riguarda Granoro, che ha lanciato Dedicato Integrale, presentata come l’unica pasta integrale in commercio a filiera corta con grano 100% originario della Puglia. Si tratta di un’evoluzione del progetto Dedicato, con il quale Granoro ha aggregato negli ultimi anni oltre 350 aziende agricole per ottenere grano duro di alta qualità, una delle più grosse cooperative di stoccaggio, un’azienda sementiera e un molino, tutti situati sul territorio pugliese.
L’attenzione verso l’origine del grano utilizzato per la produzione della pasta era già alta prima della pandemia, e sembra essere aumentata dal lockdown in poi, un po’ per spirito nazionale e un po’ per le maggiori attenzioni del consumatore verso la tracciabilità del prodotto. Se un tempo l’idea della filiera corta era legata a pochi produttori considerati di nicchia, tra i quali spicca il caso del pastificio agricolo Mancini che oltre alla trasformazione cura anche la produzione diretta del grano nei terreni coltivati nelle Marche, poi si sono aggiunti anche i gruppi industriali, a cominciare da La Molisana che ha ottenuto importanti risultati di crescita fondando la strategia sulla pasta 100% da grano italiano. Una svolta che ha spinto lo stesso leader di mercato, Barilla (storicamente contrario all’indicazione di origine del grano), a introdurre una linea di pasta da solo grano coltivato in Italia e ad aumentare la quota di grano made in Italy sulla produzione complessiva.
L’autarchia non è comunque immaginabile. Per quanto la lista dei produttori che operano solo con grano italiano sia ormai nutrita e comprenda nomi come Agnesi, Di Martino, Gentile, Pastificio Graziano, Liguori, Martelli, Sgambaro e Voiello (per citarne alcuni), la produzione nazionale di grano duro non riuscirebbe a soddisfare il fabbisogno dei produttori di pasta, nemmeno se fosse totalmente destinata a loro. L’Italia produce circa 4 milioni di tonnellate di grano duro l’anno, a fronte di un bisogno di 6 milioni. Un dato che, come evidenziato lo scorso anno da Cosimo De Sortis, presidente di Italmopa (associazione nazionale del mugnai), fa dell’Italia un importatore strutturale. “Abbiamo un fabbisogno di importazione – ha detto De Sortis durante l’ultima assemblea dell’associazione – che si attesta intorno al 55% (grano duro) che arriva dal Nord America, Australia, Francia, Spagna, Grecia, e al 40% (grano tenero) che importiamo prevalentemente dalla Francia. Per avere pasta a scaffale nei supermercati tutto l’anno, dobbiamo necessariamente importare. Se utilizzassimo solo la produzione italiana, troveremmo la pasta in vendita solo quattro mesi all’anno”. Puglia e Sicilia sono le regioni italiane dove si produce più grano e messe assieme forniscono circa il 40% del raccolto complessivo.