Dalla sostenibilità al sostegno delle filiere fino al digital, PwC ha evidenziato come può ripartire l’Italia. E Matteo Lunelli (Cantine Ferrari, presidente di Altagamma), affronta punto per punto come si sta muovendo il mondo del vino
Erika Andreetta, partner PwC Italia, ha spiegato: “Negli scenari post Covid-19, ci attendiamo, dal lato consumi, sempre più acquisti made in Italy, in un’ottica di solidarietà collettiva, la preferenza per prodotti “sicuri” oltreché gratificanti e un balzo in avanti decisivo per l’e-commerce, specie nell’e-grocery. Dal lato business, invece, un incremento della collaborazione per far ripartire l’economia nel Paese. Made in Italy, reshoring e sostenibilità saranno gli elementi differenzianti”. Il piano dei sette punti si può applicare a tutti i settori della nostra economia, compreso il vino, per il quale abbiamo chiesto a Matteo Lunelli, presidente e ceo di Cantine Ferrari e numero uno di Fondazione Altagamma, di interpretarne l’applicazione punto per punto.
1. Azioni di sistema per salvare le aziende, salvaguardando competenze e filiere. Per Lunelli, il sostegno delle filiere fa parte delle responsabilità delle aziende leader e Ferrari ha sostenuto anche quest’anno i suoi viticoltori scegliendo, nonostante il contesto di incertezza, la via di una vendemmia abbondante per non penalizzarli economicamente. E anche a valle della filiera, Ferrari ha offerto sostegno ai ristoratori colpiti dal lockdown. “Ritengo però molto importante, come evidenzia PwC, la necessità di aggregazioni. Il vino italiano ne ha particolare bisogno, perché sono necessarie per sviluppare la presenza nei mercati internazionali con il giusto posizionamento, disponendo delle risorse necessarie per investire e creare strutture manageriali. E tali aggregazioni possono avvenire con la costituzione di gruppi che mettono assieme brand di prestigio, ma anche in maniera meno strutturata, con le aziende che formano consorzi per progetti mirati in alcuni mercati, come nel caso di Italia del Vino a cui Ferrari ha aderito con altri marchi del settore”.
2. Supporto al made in Italy e rilancio dei consumi nazionali. Dal lockdown in poi, il bere italiano è diventato tendenza, portando a quello che Lunelli definisce“un grande successo di vendite, determinato non solo dall’appeal del marchio Ferrari, ma anche dal fatto che il consumatore ha espresso un national pride a sostegno dei prodotti locali e nazionali”.
3. Digitalizzazione: adesso o mai più. Il cambiamento, nel mondo del vino, è apparso evidente già dal lockdown con il boom delle vendite online, ma Lunelli va oltre ed evidenzia “un trend irreversibile dell’online come influencer dei consumi. Se attualmente nel vino l’e-commerce vale pochi punti percentuali, possiamo dire che a breve il 100% dei consumi sarà influenzato dall’online. Accade già ora: si parla tanto di vino sui social media e al ristorante, prima di scegliere un vino dalla carta, diversi clienti ricorrono al proprio smartphone per capirne la caratteristiche o per confrontare i prezzi. I cambiamenti sono rapidi e richiedono investimenti altrettanto rapidi da parte delle aziende, non solo in comunicazione, ma anche in distribuzione”.
4. Sostenibilità come elemento differenziante. Il vino vi sta investendo da anni privilegiando, in quanto prodotto della terra, la sostenibilità ambientale. Ora, dice Lunelli, serve un doppio cambio di passo. Il primo riguarda l’interpretazione della sostenibilità a 360 gradi, dal bere responsabile alle pari opportunità in azienda, dalla formazione e valorizzazione dei dipendenti fino alla sostenibilità economica delle filiere, “perché il consumatore sarà sempre più attento verso quelle aziende che curano tutti questi aspetti”, precisa. C’è poi l’aspetto della misurazione del livello di sostenibilità raggiunto e della comunicazione, rendicontando attraverso report i risultati e fissando degli obiettivi a breve, medio e lungo termine.
5. Accesso alla liquidità. L’argomento è particolarmente delicato per gli specialisti dell’horeca. Lunelli evidenzia quel che dovrà essere il ruolo delle banche. “Dovranno avere un occhio di riguardo verso il nostro settore per quanto riguarda le rimanenze. In un’azienda normale, avere troppo magazzino è indice di debolezza, perché si svaluta nel tempo; nel vino di eccellenza, invece, spesso acquista valore nel corso del tempo. Quindi, va considerato come una ricchezza da sostenere finanziariamente”.
6. Reshoring e Industry 4.0. Il primo aspetto, in un comparto dove regnano le dop, è marginale, perché il vino a denominazione non può essere delocalizzato. Il secondo invece è rilevante, e Lunelli spiega perché: “Siamo un settore tradizionale, ma sull’innovazione non possiamo restare indietro, perché contribuisce a migliorare la qualità dei nostri vini e a rendere più efficienti le nostre cantine. Industria 4.0 è stata una grande opportunità per ammodernare i processi e ci auguriamo che siano rinnovati i finanziamenti previsti in passato. Così come auspichiamo che una parte del recovery fund arrivi all’industria del vino, che dovrà utilizzare quelle somme per investire in tre fondamentali direzioni: sostenibilità, internazionalizzazione e digitalizzazione”.
7. Attenzione alle nuove generazioni. Il mondo del vino, e in particolare lo spumante, ha saputo creare un engagement con le nuove generazioni, fondato sul bere responsabile e sullo sviluppo di una cultura del prodotto in quanto espressione autentica di un territorio. Questo processo va continuato attraverso investimenti in comunicazione perché, conclude Lunelli, “per un brand del made in Italy, essere contemporaneo significa essere in grado di dialogare con i giovani, offrendo loro un’esperienza e un’emozione”.