Sarà un secondo semestre al recupero per i big italiani dell’export vinicolo. Un recupero che non compenserà le perdite totalizzate nel quarter 2, sicuramente il periodo peggiore per le nostre esportazioni di vino, condizionate dal blocco degli acquisti destinati al canale horeca. Il punto di svolta, secondo i dieci gruppi interpellati da Pambianco Wine&Food per l’inchiesta pubblicata sull’ultimo numero del magazine, sarà il mese di settembre, quando la ripartenza internazionale della ristorazione dovrebbe dare il via agli approvvigionamenti vinicoli. Si tratta certamente del momento clou per i consumi internazionali, in vista del Natale e delle festività in generale. Se tutto dovesse andare secondo le previsioni, alla fine del 2020 la principale assenza di vendite riguarderà pertanto i vini più degustati durante l’estate, penalizzando bianchi fermi e rosati.
In termini di strategie commerciali, l’interesse del gruppo Antinori “si rivolgerà verso tutti i Paesi dove oggi già lavoriamo e che vedono momentaneamente prevalere quei mercati dove il sistema di distribuzione è controllato dai monopoli di Stato, dalla presenza di gruppi della distribuzione moderna interessati a offrire prodotti di qualità ai propri clienti, e quei Paesi che permettono un’offerta online più sviluppata e usufruibile da parte dei consumatori”, ha affermato il direttore commerciale mondo Stefano Leone. “Questi, se la situazione complessiva dovesse perdurare, sembrano essere i mercati che potranno dare una risposta più immediata”.
“Settembre dovrebbe essere il mese della svolta, anche perché ripartirà il consumo dei vini rossi che per noi sono il prodotto clou assieme alle bollicine che produciamo in Piemonte”, ribadisce Rodolfo Maralli, direttore commerciale e marketing di Banfi, le cui azioni saranno rivolte perlopiù ai mercati consolidati, senza inutili dispersioni di forze: Usa, Canada, Germania, Svizzera e Italia. “Il peggio è passato, a novembre e dicembre potremmo fare più del 2019”, ribadisce Maralli.
“Nel prossimo semestre vogliamo recuperare quanto è stato perso nel primo”, ha affermato Gianluca Bisol per l’azienda Bisol 1542 (Gruppo Lunelli), che affronta la sfida affidandosi a un prodotto come il Prosecco, considerato anticiclico e rassicurante per la sua democraticità. Bisol afferma la sua convinzione di uno spostamento, in ristorazione, “verso una maggiore concretezza nei consumi. E il rapporto qualità/prezzo che contraddistingue il Prosecco verrà premiato rispetto ad altre bollicine scelte come status symbol”.
Per Frescobaldi, nel secondo semestre si prospetta una tenuta della distribuzione moderna, mentre per i top di gamma come Masseto e Ornellaia non si profilano difficoltà, essendo legati a un consumatore selettivo e al riparo dalla crisi. Sotto i riflettori compaiono quindi i vini di prezzo medio-alto per la ristorazione: “La flessione di questo business non la potremo certo compensare completamente con le vendite dei negozi”, precisa il direttore export Stefano Benini, le cui preoccupazioni sono legate in particolare a Usa e Canada. Nemmeno il boom dell’online, canale sul quale il gruppo fiorentino è ben inserito specie oltreoceano, permetterà di rimediare al probabile calo del fuori casa. “Se riusciamo a chiudere l’anno con una flessione del 20-25%, come dichiarano anche altri settori del lusso, potremo dichiararci soddisfatti”, afferma.
Per il leader nazionale di fatturato, Gruppo Italiano Vini, da luglio potrebbe iniziare lentamente il recupero e l’ultimo quarter 2020 è dato in netta ripresa, pur rimanendo negativo nel confronto con il 2019. Risultato finale? “Voglio pensare a un calo double digit non troppo alto, avendo chiuso piuttosto bene il primo trimestre dell’anno”, afferma il direttore commerciale Marco Gobbi. Intanto le azioni più importanti saranno rivolte ai cinque mercati che, messi assieme, rappresentano l’80% del business complessivo ovvero Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Germania e Italia. “Attendersi riprese consistenti nei Paesi per noi secondari, in questo momento, non sarebbe realistico”, afferma.
Per Masi Agricola, i mercati dove l’impatto è stato minore sono quelli monopolistici, a cominciare dal Canada che è la prima destinazione estera per i vini di Masi Agricola. I Paesi dove sono state avviate azioni rilevanti sono quelli in cui l’azienda ha cambiato importatore e modalità di approccio: Usa, Germania e Russia. Negli Usa, in particolare, Masi ha siglato una partnership con Gruppo Santa Margherita, che ha una propria filiale e distribuisce esclusivamente i suoi vini e quelli di Masi Agricola: “Se nel momento del lockdown fossimo stati con un importatore tradizionale, di quelli che hanno in portafoglio 30 marchi e oltre, ci saremmo sentiti molto meno sicuri”, commenta l’ad Federico Girotto.
Per Mondodelvino, il calo dell’horeca non sarà del tutto compensato dall’incremento delle vendite in grande distribuzione, che anche per il secondo semestre promette di essere il canale trainante. “Per l’Europa – afferma il direttore marketing Enrico Gobino – è necessario avere delle aspettative positive ed è verosimile che la gdo mantenga il trend del primo quadrimestre, con un lieve incremento delle vendite. Ci attendiamo però un calo del prezzo medio, con acquisti focalizzati su etichette di fascia media e medio-bassa anche a seguito di una riduzione del potere di acquisto. Quanto alla ristorazione, gli scenari sono due: la ripresa immediata, sostenuta dalla voglia di socialità, oppure un ritorno piuttosto timido, con un consumo effettuato in casa o all’aria aperta ma con vini acquistati al supermercato”.
Riccardo Pasqua è ottimista. “Vediamo una gran voglia di ricominciare e si stanno aprendo diverse opportunità, a partire dalla Cina”, racconta il ceo di Pasqua Vigneti e Cantine. Pasqua ha aperto nel 2017 la sua filiale cinese, dopo l’acquisizione del 51% di Dalian Dego Biotech; visto dall’interno, il Paese potrebbe arrivare a un punto di svolta nel prossimo semestre. “I consumatori scalpitano per tornare alla normalità e potrebbe crearsi una sorta di revenge spending. Inoltre gli australiani, leader di mercato, si presentano con una nuova annata condizionata dal problema degli incendi, che hanno ridotto le loro quantità. Penso che si apriranno spazi, in un Paese vibrante, particolarmente per chi come noi vi ha investito tempo, risorse umane e marketing”.
“Tante cose possono ancora succedere. Comunque, sommando i vari dati positivi e negativi, ci attendiamo un semestre tra il -5 ed il -15%”, afferma Sandro Sartor, amministratore delegato di Ruffino. L’azienda appartenente al colosso Usa Constellation Brands ha fissato quattro priorità. La prima è naturalmente legata agli Usa, primo mercato di destinazione dei suoi vini: La seconda e la terza sono le due principali aree dei monopoli, Canada e Paesi scandinavi. La quarta è l’Italia, dove Ruffino cercherà di sostenere la ripartenza del fondamentale canale horeca. “I clienti italiani sono stati, e ancora lo saranno, i nostri principali partner qui in Italia ad offrire e far apprezzare i nostri prodotti ai consumatori italiani e stranieri”.
L’aspettativa “naturale” del gruppo Santa Margherita “è quella di vedere tornare la domanda dei nostri vini al livello pre-Covid19, almeno per quanto riguarderà l’ultimo trimestre dell’anno”, afferma il ceo Beniamino Garofalo. La previsione del gruppo si fonda su una situazione differenziata per i singoli mercati. Da un lato ci sono Paesi che hanno continuato a crescere anche durante la fase più acuta dell’emergenza, come il Canada, e quelli come la Cina, Shanghai in testa, che si sono riaperti già in primavera. “L’Asia guiderà la ripartenza della domanda, ad eccezion fatta per il Giappone che seguirà verosimilmente le tempistiche Usa, e poi l’Europa, se la discesa dell’epidemia proseguirà, per arrivare nell’estate ad una riapertura degli Stati Uniti”, ipotizza Garofalo.