Il 2016 di Santa Margherita inizia dagli Stati Uniti. Dall’1 gennaio, infatti, la filiale statunitense del gruppo vitivinicolo controllato da Zignago Holding (che fa capo a un ramo della famiglia Marzotto) gestisce in esclusiva per gli Usa i vini precedentemente affidati a una società locale di distribuzione. Questa mossa, nelle intenzioni del management, permetterà a Santa Margherita Usa, società con sede a Miami costituita lo scorso anno, di ottenere un aumento esponenziale del fatturato, dai 5 milioni di dollari del 2015 ai 100 previsti a fine 2016, operando all’interno dei confini dell’Unione americana, che assorbe il 40% delle bottiglie prodotte dall’azienda di Fossalta di Portogruaro (Ve), mentre il Canada, da cui dipende poco meno del 10% e che viene considerato un mercato “stand alone” per le sue caratteristiche particolari a cominciare dalla gestione di monopolistica e governativa del wine market, continuerà a essere seguito dall’Italia. “Puntiamo a un contatto più diretto con il cliente finale – spiega a Pambianco Wine l’amministratore delegato di Gruppo Santa Margherita, Ettore Nicoletto – e per raggiungere l’obiettivo abbiamo concesso a Santa Margherita Usa e al suo CEO, Vincent Chiaramonte, la piena autonomia operativa. Il precedente importatore ha svolto un lavoro egregio per ben 37 anni, ora però ci dedichiamo direttamente a questo grande mercato, con passione e attraverso un assetto commerciale che darà un’anima al nostro brand in territorio americano. Abbiamo investito oltre 15 milioni di dollari tra capitale umano, struttura e magazzino, per un totale di 50 dipendenti destinati a diventare 70 entro la fine del trimestre, a cui seguiranno altri 5,5 milioni destinati da febbraio al piano commerciale e di marketing che prevede una nuova campagna di comunicazione televisiva emozionale e dai contenuti forti in termini di brand awareness più che di prodotto; racconterà valori del gruppo, provenienza, artigianalità. Sarà una quality story incentrata sull’italianità di Santa Margherita, che si presenterà come un brand aperto ed inclusivo”. A breve termine non sono previste altre filiali estere per Santa Margherita, anche in considerazione dell’impegno economico che la scelta ha comportato per gli Usa, ma in prospettiva non si escludono progetti simili in forme ibride sull’Asia partendo dalla Cina, dove il gruppo dispone di risorse già operanti nel territorio con prospettive di ulteriori inserimenti. Intanto il gruppo ha chiuso il 2015 con un consolidato stimato sui 118 milioni di euro, otto sopra il 2014 e due oltre le iniziali previsioni, con una crescita ben distribuita tra i vari brand e un progresso ottenuto anche nel mercato interno. Tra gli investimenti previsti spiccano i 15 milioni per il nuovo centro di stabilizzazione e imbottigliamento da 18 mila bottiglie l’ora che sarà avviato a Fossalta di Portogruaro e altri 5 milioni tra reimpianti di vigneti e interventi nelle altre cantine. Nulla di definito, invece, sul fronte acquisizioni. “Saremmo pronti e maturi – conclude Nicoletto – per effettuarne una ‘buona’, allargando il nostro spettro geografico, ma dobbiamo attendere l’uscita di una carta favorevole. Acquisire diventa sempre più difficile, chi inizialmente vuole vendere spesso non concretizza e si ritira a metà percorso”.