Nel 1994, a Prowein esponevano 321 aziende e il numero dei visitatori era di poco superiore a 1.500. L’edizione che si è aperta domenica a Düsseldorf vede la presenza di 6.400 espositori, duecento in più del 2016, e il numero di buyer attesi dovrebbe superare il record messo a segno lo scorso anno con 55 mila ingressi.
I dati sono eclatanti, ma non raccontano la principale caratteristica di questa fiera: la concretezza. Prowein è un evento rigorosamente trade con pochi ristoratori, zero curiosi e tanti distributori, responsabili acquisti di società horeca, decision maker che operano a livello globale. Prowein non è una fiera tedesca, è un evento internazionale tale da spingere anche i produttori provenienti da paesi che tendono a difendere il proprio sistema wine, come i francesi, a spostarsi per tre giorni nella città della Ruhr. Tra i nuovi ingressi nel padiglione 16, uno dei due presidiati dagli italiani, spiccano quelli dei top brand del beverage del gruppo Nestlè, Acqua Panna e San Pellegrino, oltre al coffe point Nespresso. Italia (con circa 1.500 aziende) e Francia (1.400) sono le nazioni più rappresentate a livello di espositori, davanti alla Germania che ha raccolto 960 produttori e alla Spagna che ne ha circa 600. La panoramica worldwide del mondo vinicolo è completata da Austria, Portogallo e dai paesi del nuovo mondo, con 600 produttori da Asia, Africa e Americhe, compresi alcuni sperduti arcipelaghi oceanici. Intanto guadagna spazio in fiera la produzione di vini organici, con 250 espositori contro i 130 del 2009, e nell’alto di gamma si rafforza la presenza delle maison dello champagne con circa 200 brand rappresentati.
Alla concretezza di Prowein risponderà, tra un paio di settimane, un Vinitaly caratterizzato dal tutto esaurito. La kermesse veronese, principale strumento di promozione del vino made in Italy, si terrà dal 9 al 12 aprile in contemporanea con Sol&Agrifood ed Enolitech, saloni dedicati al food e alle macchine dei settori vinicolo e oleario, per un totale di oltre 4.200 espositori, con spazi sold out e liste di attesa per chi spera di entrare last minute in fiera con uno stand. Alla presentazione della 51ª edizione, la scorsa settimana al ministero delle Politiche agricole, gli organizzatori di Veronafiere hanno ricordato la leadership mondiale raggiunta da Vinitaly per superficie espositiva e per numero di operatori esteri, con l’obiettivo di acquisire maggiore internazionalità, occasioni di business e innovazione digitale. “Per raggiungere questi obiettivi – ha dichiarato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – ci stiamo attrezzando anche dal punto di vista tecnologico. Infatti, questa edizione di Vinitaly inaugura un progetto pilota di digital transformation che coinvolgerà alcune migliaia di buyer esteri, durante il quale saranno sperimentate soluzioni 4.0”. Le previsioni di Veronafiere, calcolate sulla base delle preregistrazioni, sono di una maggior affluenza qualificata estera. I nuovi arrivi, corrispondenti a circa duemila buyer, dovrebbero provenire da Nord America, Asia e nord Europa, compresa la Gran Bretagna che, sfidando l’incertezza della Brexit e della sterlina debole, sarà presente con cento nuovi compratori. Nell’ultima edizione, su 130 mila presenze complessive, quelle estere sono state circa 28 mila.
Alla capacità attrattiva di Prowein, Vinitaly risponde con il piano industriale adottato con la trasformazione in spa di Veronafiere. “Il nuovo piano da 94 milioni di euro di investimenti al 2020 ha analizzato attentamente le dinamiche del mercato fieristico mondiale, europeo e italiano”, afferma Maurizio Danese, presidente di Veronafiere. “Per il settore wine and food, il progetto prevede una crescita mirata all’estero e nuovi servizi per l’internazionalizzazione delle imprese del settore, con focus su Stati Uniti e Cina”.