Se anche c’è stato poco da festeggiare, chi lo ha fatto nel 2020 pare abbia optato per il Prosecco. In particolare, nell’anno più funesto della storia recente, la scelta ha riguardato il Prosecco doc, che ha superato per la prima volta il “muro” di 500 milioni di bottiglie, riuscendo a chiudere l’anno con una crescita del 2,8% rispetto ai volumi certificati nel 2019. In valori assoluti, vuol dire un incremento di poco inferiore ai 14 milioni di bottiglie.
Dalla prima analisi del Consorzio di tutela, emerge il contributo della novità Prosecco Rosé, introdotta nel mercato nella seconda parte dell’anno e determinante per l’aumento dei volumi. Di spumante rosa ne sono infatti state prodotte 16,8 milioni di bottiglie. Si tratta però di una percentuale molto bassa rispetto alla totalità del Prosecco doc, di poco superiore al 3%, per cui il presidente del Consorzio con sede a Treviso, Stefano Zanette, preferisce evidenziare la capacità di tenuta delle bollicine “tradizionali” a base Glera, certamente più appetibili rispetto alle etichette di spumante metodo classico in un periodo di consumi principalmente domestici, con acquisti effettuati attraverso la grande distribuzione e con forti attenzioni al prezzo. In ogni caso, Zanette sottolinea che: “Il valore medio delle vendite di Prosecco doc a scaffale è in linea con le aspettative del consumatore italiano ed internazionale. Infatti, la quota di prodotto venduta a prezzi entry level rappresenta una frazione marginale, attorno al 4%”.
Le strategie del consorzio prevedono ora un processo di miglioramento della qualità delle produzioni, innalzando il livello medio, e un lavoro fondato sul senso di appartenenza alla denominazione da parte di produttori e comunità locali. “Nella speranza che a breve la ristorazione possa riprendere la propria attività – aggiunge Zanette – vorremmo che anche i pubblici esercizi si impegnassero nel comunicare correttamente l’agroalimentare di qualità e il Prosecco in particolare, così come noi, in diverse occasioni e in modi diversi abbiamo testimoniato la nostra vicinanza a questo settore fondamentale dell’economia del nostro paese”. E il presidente precisa come il consorzio abbia intrapreso percorsi virtuosi per arrivare a una vitivinicoltura sostenibile, “dove la sostenibilità non sia uno slogan ma un impegno tangibile lungo tutte le fasi della filiera produttiva|”.
Un punto critico per le vendite del Prosecco è legato alla somministrazione. Da Treviso evidenziano come a volte il consumatore richieda un calice di Prosecco e poi invece gli venga servito un altro vino, il che testimonia da un lato la diffusione del brand, diventato sinonimo di bollicina, e dall’altro il rischio che l’utilizzo generico del nome Prosecco finisca per danneggiare i suoi stessi produttori. Per questo, il Consorzio preannuncia un rafforzamento delle attività non solo di tutela e vigilanza, ma anche di formazione e informazione, “al fine di dare sempre maggiori certezze ai nostri consumatori, ai quali chiediamo di segnalarci tutti i casi sospetti, perché solo il Prosecco è come il Prosecco”.