Polonia terra di opportunità per l’Italia che rappresenta il primo fornitore sia a valore che a volume nel Paese dal 2011, guardando dall’alto verso il basso Germania, Francia, Stati Uniti, Spagna. Considerando il periodo 2016-2020, le importazioni di vino tricolore nel Paese sono quasi raddoppiate, passando da 46,5 milioni a 82,7 milioni di euro, pari a un prezzo medio al litro di 2,75 euro e a una quota di mercato del 25,6 per cento (Ufficio di Statistica Polacco – Gus). Un dato, quello dello scorso anno, su cui sembra non aver inciso la pandemia. Infatti, sebbene il vino italiano in Polonia sia consumato prevalentemente nei ristoranti e wine bar, nonché nelle occasioni a livello familiare, la chiusura del canale horeca dovuta ai lockdown “non ha avuto un impatto negativo sulle importazioni italiane”, ha spiegato Ice di Varsavia a Pambianco Wine&Food. Infatti, non potendo uscire, sono aumentati gli acquisti nei negozi, facendo sì che il vino diventasse “l’amico dei polacchi chiusi a casa”. Non a caso, come raccontato da Miro Pianca, titolare dell’azienda Le Barbatelle che importa vini italiani in Polonia dal 2014, tra i principali fattori di successo del nostro vino in Polonia c’è “il buon rapporto, la sintonia che intercorre tra polacchi e italiani, che sospinge le vendite nel territorio”.
IMPORTAZIONI POLACCHE ANNI 2016-2020, VINI (VOCE DOGANALE 2204 0000)
IN VIA DI SVILUPPO
La Polonia, specifica Pianca, è un mercato fortemente in crescita per il vino, e vede una situazione più consolidata nella capitale Varsavia, dove il consumo di questa bevanda appartiene già anche ai più giovani, che sta rapidamente espandendosi, pur rimanendo un fenomeno relativamente nuovo, anche nelle altre città. Negli ultimi dieci anni il vino “ha infatti rubato grosse quote di mercato ad altre bevande alcoliche, tra cui birra e vodka, tanto che a fine anni 90 non c’era neanche un’azienda produttrice in Polonia, mentre ora sono più di 500, anche se si tratta per lo più di piccole realtà”. Secondo un’indagine Nielsen, i vini nel Paese sono acquistati principalmente presso super ed ipermercati (36%) e nei discount (32%), mentre i negozi fino a 300mq (di vicinato di grandi catene o indipendenti) generano il 32% delle vendite. Come anticipato, il canale principale dei vini italiani è l’horeca, mentre la presenza in gdo è limitata per i vini fermi, e più estesa per i vini frizzanti,
soprattutto per alcune note marche di prosecco/spumanti.
FORMAZIONE E PROMOZIONE
In generale, l’Italia ha il primato assoluto sia per quanto riguarda il vino frizzante, per un valore di 33,2 milioni di euro, sia per vini fermi in bottiglia, per un valore di 45,9 milioni di euro. I vini più apprezzati, specifica Pianca, sono quelli delle ‘tre P’, ovvero prosecco, pinot grigio e primitivo. Qui infatti “piacciono i vini con alta gradazione, bassa acidità, sentore di frutta più marcato. In generale, piacciono i vini più ‘facili’ e ‘popolari’”. Infatti, “la cultura del vino è ancora ‘acerba’ in Polonia, tanto che per svilupparla, così che ne traggano beneficio anche le etichette italiane, è necessario puntare sulla formazione, sia delle professionalità legate al vino, quindi ristoratori e camerieri, sia del consumatore finale”. Una formazione che dovrebbe passare anche “dalla promozione dei territori di riferimento, magari con attività di incoming”. In questo senso, “i consorzi italiani dovrebbero fare e investire di più, così come stanno già facendo quelli di altri Paesi”. Inoltre, anche “lo sviluppo della ristorazione è e sarà tra i driver di crescita del vino italiano, e lo sviluppo di locali con cucina specifica regionale aiuta la popolazione a conoscere sempre più etichette, tipiche appunto di quelle zone”.
L’articolo è tratto dal numero di settembre/ottobre di Pambianco Wine&Food Magazine