Impressioni positive nei primi due giorni di Vinitaly, caratterizzati da un’intensa affluenza di visitatori. La cinquantunesima edizione della fiera di riferimento per il settore vitivinicolo, in programma dal 9 al 12 aprile a Verona, fa segnare un nuovo record di espositori, con 4.272 aziende distribuite nei padiglioni di Verona Fiere, di cui 4.049 italiane e 223 estere, in progresso del 3,3% sull’anno precedente. Oltre cinquantamila gli operatori esteri attesi, con previsioni crescenti per gli arrivi da Gran Bretagna ed est Europa e con speranze parzialmente già concretizzate di ritorno dei russi.
Inaugurata alla presenza del ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, e del commissario europeo Phil Hogan, l’esposizione veronese conferma da un lato l’ottimo momento della spumantistica italiana, che nel 2016 ha trainato l’export al nuovo record storico di 5,6 miliardi di euro realizzando una crescita anno su anno del 4,3% per un surplus commerciale, frutto della differenza tra export e import, pari a 5,3 miliardi. Le prospettive appaiono favorevoli, nonostante le difficoltà registrate nel comparto dei vini fermi. Secondo l’Outlook Vino 2020, presentato a Verona da Ismea, l’Italia sarà il paese caratterizzato dalla maggior crescita produttiva, pari al 10% nel prossimo quadriennio, davanti a Francia e Cile (+6,1%), Usa (+4,3%) e Spagna (+3,6%). Sul fronte dei consumi, l’incremento complessivo dovrebbe attestarsi sul +4,3%, con punte del 21,6% in Cina, del 6,1% in Russia e del 5,7% negli Usa, già primo mercato di destinazione del vino made in Italy. “Sul fronte del valore medio all’esportazione, che rimane ancora basso rispetto alla Francia, c’è da sottolineare come l’Italia sia cresciuta del 20% nel biennio 2014-2016 rispetto al 2011-2013, contro il +9% del nostro principale competitor”, ha evidenziato il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello.
Tra le tendenze osservate in fiera, quella dominante è legata al passaggio da agricoltura convenzionale a biologica. Nel periodo compreso tra il 2004 e il 2015, secondo l’analisi Wine Monitor Nomisma su dati Fibi, lo sviluppo del vino bio è stato del +295% in Europa e del +280% a livello mondiale. Sono 293 mila gli ettari vitati coltivati con metodo biologico in Europa e l’Italia ha il primato mondiale per incidenza di superficie con l’11,9%, davanti ad Austria e Spagna. Una particolare attenzione riguarda i territori legati alla produzione di spumanti, con la Franciacorta ormai giunta al 75% della superficie totale e concentrata nel raggiungere l’obiettivo di diventare la prima denominazione totalmente bio a livello internazionale. Il Trentino non sta fermo a guardare: alla vigilia di Vinitaly, Cantine Ferrari ha annunciato che tutti i vigneti trentini di proprietà del Gruppo Lunelli e destinati alla creazione di Ferrari Trentodoc hanno ottenuto la certificazione biologica. Oltre al potenziamento della gamma bollicine, con la spumantizzazione di vitigni autoctoni diffusi da nord a sud nel territorio italiano, un’altra tendenza della vinificazione italiana riguarda l’utilizzo di anfore per l’affinamento dei vini.
Quanto all’export, i risultati sono in chiaroscuro. “Dobbiamo avere il coraggio della verità – afferma Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini – perché dopo alcuni anni di crescita, nel 2016 perdiamo colpi sui mercati internazionali dove i vini fermi in bottiglia calano del 4,5% in volumi e dello 0,7% in valore. Il fenomeno Prosecco, grazie al quale il saldo dell’export lo scorso anno è salito del 4,3% (5,6 miliardi di euro), va sostenuto con ogni mezzo, ma non possiamo affidarci solo a questo prodotto per migliorare le nostre performance. Gli asset su cui ci giochiamo il futuro dell’export vinicolo italiano sono tre: strategie di sistema con Ice per orientare con efficacia le azioni di promozione e comunicazione sui mercati; recupero della capacità di spesa dei fondi Ocm promozione; spinta dell’Unione Europea verso gli accordi di libero scambio”.