“Nasce un nuovo proibizionismo in Europa”. È questo il grido dall’allarme lanciato da Unione Italiana Vini (Uiv) in riferimento a quanto contenuto all’interno del documento programmatico ‘European framework for action on alcohol 2022-2025′ presentato dall’Oms – Regione Europa negli scorsi giorni a Tel Aviv.
L’obiettivo comunicato all’interno del documento consiste nel ridurre del 10% il consumo di alcol pro-capite entro il 2025. E, per farlo, sono state disposte alcune linee guida approvate senza opposizioni dalle diverse delegazioni presenti, quella italiana compresa. Queste prevedono azioni rivolte a sei aree prioritarie: prezzo, disponibilità e marketing dei prodotti alcolici, informazioni riguardanti i danni alla salute causati dall’alcol e i servizi medici eventualmente proposti, e le azioni a livello comunitario. In concreto, viene quindi proposto un aumento della tassazione e limitazioni sulla comunicazione e sulla disponibilità di bevande alcoliche, per citarne alcune.
Secondo Uiv, tutto ciò “si discosta da quanto previsto dalla Global alcohol strategy approvata lo scorso maggio dalla stessa Oms e dalla votazione al Cancer plan da parte del Parlamento europeo che avevano rimarcato l’esigenza di focalizzare l’azione sul consumo dannoso di alcol”. Infatti, il testo si basa sul concetto di consumo “no safe level”, senza distinzione tra quello compulsivo e moderato e senza distinzione sulla tipologia di alcolico. Ciò “risulta essere decisamente lontano dall’approccio alle politiche di prevenzione e formazione promosse dal nostro comparto, oltre che dai modelli di consumo moderato prevalenti in Italia di cui l’Europa non tiene conto”.
“Nell’agenda che stiamo costruendo – spiega al Gambero Rosso il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – pensiamo che la politica antialcol, purtroppo, sarà il tema principale che ci accompagnerà nei prossimi anni”. E, in riferimento al documento: “Ci lascia straniti il fatto che sia proprio la sezione europea dell’Oms a fare questo cambio di passo, tornando a non fare distinzione tra consumo e abuso di alcol, né tra diffusione di casi di alcolismo nei diversi Paesi. In particolare, quello che ci mette in allarme è che un documento del genere, pur non avendo una valenza giuridica ma solo di indirizzo, possa diventare un viatico per rimettere in discussione i finanziamenti alla promozione del vino”.