Fare di necessità virtù. Si riassume così la spinta alla base delle nuove realtà di delivery che stanno focalizzando i loro servizi laddove di servizi non ce ne sono: in provincia. L’ecosistema dei piccoli comuni, per lungo tempo, non è stato infatti presidiato dai grandi colossi della consegna di cibo a domicilio, lasciando così spazio a un proliferare di startup focalizzate a servire le aree meno battute da ristoranti e rider. D’altro canto, proprio i lockdown del 2020 sono stati tra i principali motori di questa fioritura di ‘micro-delivery’, che da caso sporadico sta pian piano attirando anche i grandi investitori.
FATTORE MANCANZA DI OFFERTA
Nel periodo pandemico è nata Tvbeat, piattaforma di delivery del bergamasco specializzata nei comuni al di sotto dei 50mila abitanti. “Siamo partiti durante il lockdown con pochi ristoranti di amici, puntando sulla conoscenza diretta del territorio e delle persone”, spiega a Pambianco Wine&Food il CEO e co-founder Damiano Vassalli. In sei mesi, “avevamo oltre 150 locali associati e consegnato più di 10mila pasti”. Nello specifico, “siamo partiti creando un sito che si può usare da cellulare e che tuttora, ottimizzato, stiamo utilizzando. A ottobre però avremo una nuova pagina e lanceremo l’app dedicata”. Un lavoro fatto grazie alla campagna di crouwdfunding lanciata ad aprile che ha permesso a Tvbeat di raccogliere 200mila euro, di cui la metà destinati appunto allo sviluppo tecnologico. L’idea “è quella di espanderci tramite il franchising in quanto, per sviluppare la provincia, che non è standardizzata come lo può essere una grande città, serve qualcuno che la conosca a fondo”. A settembre parte infatti il franchising per le provincie di Lodi e Cremona, cui ne seguirà almeno un altro, sempre nell’anno, e circa 5-6 nel 2022. “Ci sono già arrivate richieste anche dal sud Italia, ma prima di esportare il modello preferiamo affinarlo bene nel nostro territorio d’origine, così da presentarci altrove in maniera strutturata”.
Sempre durante il lockdown, è nato Maracaiba, che punta già a oltrepassare gli otto milioni di euro di fatturato nel 2021, con l’auspicio di triplicarli nel 2022, come spiegato da Andrea Bulfon, AD di Bagong, azienda nel settore del food tech che gestisce il brand. Nato in Friuli Venezia-Giulia, si tratta di un format di food delivery e sushi d’asporto che lavora nei piccoli comuni e che prevede l’uso di una ghost kitchen, locata a Udine, nella quale vengono preparati i semilavorati che vengono poi spediti ai truck, i quali, spostandosi di paese in paese secondo un calendario bisettimanale, forniscono il cibo sia in modalità take away, e quindi con le persone che si recano al truck itinerante, oppure via delivery, con le auto della flotta che recuperano i piatti dai truck e li portano a casa del destinatario. Il format, attivo al momento anche in Veneto, ha fin da subito ingranato la marcia e attratto l’interesse di diversi investitori, raccogliendo 1,5 milioni di euro. L’obiettivo è quello di espandersi nel 2021 fino a Lombardia ed Emilia, per poi sbarcare l’anno prossimo in tutto il nord e centro Italia, fino ad Abruzzo e Roma.
Tra gli antesignani della delivery formato provincia c’è invece Alfonsino, il cui servizio, attivo nelle città tra i 25-250 mila abitanti, è presente in circa 400 comuni italiani, dislocati in 10 regioni (Campania, Abruzzo, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Calabria, Puglia, Emilia Romagna e Lombardia). “Abbiamo scelto di presidiare il mercato delle piccole città perché quando abbiamo iniziato nel 2016, questi territori erano contraddistinti da un’elevata domanda sia da parte dei consumatori finali, desiderosi di poter ordinare cibo a domicilio con l’ausilio di moderne piattaforme di food delivery come quelle presenti nelle grandi città, sia da parte di un crescente numero
di imprese della ristorazione”, spiega Dario Rauccio, marketing manager di Alfonsino delivery. Oggi, con quasi 9 milioni di euro di piatti consegnati nel 2020, e oltre 300mila consegne effettuate, il servizio si è ampliato aggregando una serie di nuove possibilità come i fiori a domicilio, il grocery e il wine delivery.
QUALITÀ IN CRESCITA
Un raggio d’offerta più ‘a misura d’uomo’ consente di monitorare meglio, e di conseguenza aumentare, la qualità del servizio offerto. “Operare nel mercato dei piccoli centri ci permette di avere il massimo controllo su tutti i processi aziendali ed erogare un servizio preciso e affidabile”, spiega Rauccio. In questi territori “attraverso il nostro know-how, riusciamo ad avere non solo una comunicazione fluida ed efficace con tutti i nostri stakeholder, ma siamo capaci anche di rispondere prontamente alle richieste della clientela proprio perché abbiamo una forte empatia con quest’ultima”. Pertanto, la possibilità di espandersi in comuni più grandi o più piccoli rispetto alla fascia ora presidiata “per il momento non è contemplata”. E le ragioni risiedono nel fatto che “il nostro modello di business è ottimizzato proprio per i piccoli centri”. Ciò significa che tutti i diversi processi “vengono costantemente monitorati e sottoposti a rigidi controlli qualitativi per garantire il massimo dell’efficienza delle nostre performance, in questo tipo di territori e non in altri”. Dello stesso avviso è Vassalli, secondo cui ai ‘contro’ delle distanze maggiori tra ristorante e cliente, corrisponde una gestione diretta dei rider, con colloqui e formazione più onerosi dal punto di vista del tempo ma più remunerativi dal punto di vista della qualità del servizio al cliente finale.
APPROCCIO ‘IPER LOCALE’
La provincia non è però solo materia di startup, tanto che anche i grandi nomi come Glovo stanno puntando a questi territori. “Crediamo che il delivery debba essere un servizio disponibile in tutte le tipologie di città, anche in quelle medio-piccole, ciò anche alla luce della distribuzione molto peculiare della popolazione nel contesto italiano”, spiega Rafael Narvaez Gracia, head of expansion di Glovo Italia che, nelle ultime settimane, è sbarcato in città come, per esempio, Alghero (circa 40mila abitanti), Desenzano del Garda (circa 30mila abitani), Jesolo (circa 26mila abitanti), Crotone (circa 60mila abitanti). “Nei centri che riteniamo più interessanti dal punto di vista commerciale facciamo in modo di avere a disposizione una buona offerta in termini di esercizi commerciali partner e di assicurare un servizio efficiente dal punto di vista logistico, ovvero di persone che collaborano come corrieri”, prosegue Narvaez Gracia. “Lavoriamo su entrambi questi filoni prima del lancio ufficiale di una città, con un approccio che definiamo ‘iper-locale’: cerchiamo infatti di comprendere a fondo la realtà del singolo centro e di adattare le azioni, per esempio riservando un’attenzione particolare alla cucina tipica del luogo”. L’obiettivo di Glovo Italia, già presente in oltre 200 città, è quello di raggiungere tutti i comuni con più di 20mila abitanti a livello nazionale, da Nord a Sud, tanto che da inizio 2021 è attivo un team dedicato focalizzato sull’espansione in nuovi contesti locali.