Tra i vini fermi è sicuramente il fenomeno del momento. Le quotazioni del Lugana, denominazione situata ai confini tra Lombardia e Veneto lungo il versante meridionale del lago di Garda, stanno salendo alle stelle: mentre il prezzo al litro dello sfuso viaggia attorno ai 4 euro, quasi il 50% in più dell’altro fenomeno con le bollicine ovvero il Prosecco doc, i valori dei terreni non ancora coltivati a vigneto si aggirano, secondo quanto rileva il consorzio di tutela con sede a Peschiera del Garda, tra i 250 e i 300 mila euro, con punte di 350 mila per le aree più prestigiose a ridosso di Sirmione e Desenzano. “Nel 2009 – afferma il direttore del consorzio, Carlo Veronese – valevano circa la metà”.
È dunque logico che la zona stia sempre più attirando le attenzioni degli investitori, i quali devono però armarsi di buona pazienza non soltanto in fase di trattativa, ma anche nella successiva attesa per degustare il vino dopo la messa a dimora dei vigneti perché, precisa Veronese, è quasi impossibile trovare chi vende un terreno già vitato. I ritorni, considerando il prezzo al litro, sono troppo interessanti per disfarsi delle proprietà.
Alcuni big ci sono già. Gruppo Italiano Vini è presente in zona con tre suoi marchi (Santi, Bolla e Lamberti) e Tommasi, noto per l’Amarone, ha recentemente potenziato la sua quota produttiva di Lugana con acquisizioni portate a termine sulla sponda bresciana del Garda. Tra i nuovi arrivi, le voci più ricorrenti riguardano la veronese Allegrini che, interpellata da Pambianco Wine, conferma di aver appena concluso un’operazione in zona, senza specificare se si tratti di un ingresso limitato all’inserimento di referenze in portafoglio o di una vera e propria acquisizione fondiaria. “Confermo – dichiara Marilisa Allegrini – che siamo entrati in Lugana. Dopo una fortunata esperienza in Toscana che ci sta dando particolari soddisfazioni, abbiamo deciso di rivolgere la nostra attenzione anche ad un altro territorio con buone potenzialità. Allegrini, da sempre famosa per i vini rossi, ha dimostrato di saper produrre anche degli ottimi vini bianchi come il Soave ed il Solosole, Vermentino in purezza di Poggio al Tesoro (Bolgheri). Speriamo che anche il Lugana possa diventare un’avventura interessante.”
I punti di forza del Lugana? Innanzitutto le dimensioni contenute. Nel territorio della doc, distribuito per il 75% in Lombardia e per il 25% in Veneto, si producono 14 milioni di bottiglie, che con la prossima vendemmia potrebbero salire a 15 milioni, e operano appena 150 aziende tutte private. L’assenza di cantine sociali in zona, a differenza di quanto accade nelle altre aree veronesi dei vini bianchi fermi (Custoza e Soave), ha contribuito a tenere alto il prezzo, con relativo posizionamento medio/alto. Sostanzialmente, spiegano al consorzio, la domanda supera l’offerta. È un vino che gode di ottima fama in Germania, primo mercato di destinazione e in grado di assorbire circa il 40% del venduto, ma che sta crescendo con decisione nei paesi dove viaggiano i tedeschi, anche perché il legame con il Garda lo rende idealmente agli occhi dei consumatori teutonici una sorta di ‘vino delle vacanze’. “In una delle ultime edizioni di Prowein – ricorda Veronese – mi colpì l’attenzione da parte di un compratore di Barcellona, successivamente diventato cliente di un paio d’aziende. Mi spiegò che doveva acquistare Lugana perché distribuiva vini anche alle Canarie, dove i turisti tedeschi lo richiedevano a gran voce. Ora però lo sta vendendo molto bene anche in Catalogna”. E i punti di debolezza? Teoricamente potrebbe essere il suo abbinamento ideale con il pesce di lago e acqua dolce, che non ha un fortissimo appeal in ristorazione, ma al consorzio sono intervenuti indicandolo come vino ideale per accompagnare un piatto diventato universale: il sushi. La dipendenza dalla Germania per ora non è considerata un limite, semmai un vantaggio, ma il consorzio guarda avanti e punta a conquistare nuovi mercati, anche fuori Europa.