Il 2019 sarà quasi certamente l’anno record per surplus commerciale del vino italiano. Il risultato, secondo i dati del primo semestre elaborati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, è la conseguenza di un aumento non eccezionale dell’export nel periodo considerato, che si è chiuso a circa 3 miliardi di euro con un +3,3% anno su anno, e generato perlopiù nei Paesi terzi oggetto di trattati di libero scambio (Giappone, Canada, Corea del Sud).
Intanto però il prezzo medio all’export del vino italiano risulta in calo del 5,1% con punte del -7,9% per l’area comunitaria, trainata al ribasso dal primo mercato continentale ovvero dalla Germania (-10,1%), la cui quotazione media si è fermata a 1,9 euro al litro. In ribasso anche la Gran Bretagna, dove il calo dei prezzi (-3,6%) dipende esclusivamente dallo sparkling, che ha perso quasi il 10 percento. Male il valore medio in Francia (-9,4%), che detiene il primato del low cost (1,8 euro/litro) anche per effetto dei maxi acquisti di sfuso.
Al contrario, nei Paesi extra Ue i prezzi sono in leggera crescita. Gli Stati Uniti si confermano la prima destinazione del vino italiano con 993 milioni di euro nel periodo gennaio-luglio: qui l’Italia cresce del 3% ma si tratta di un risultato inferiore alla media, essendo l’import totale Usa aumentato dell’8 percento. Nel Canada, dove l’Italia ha esportato vini per 201,5 milioni di euro, la crescita è stata del 4,5%, mentre in Giappone il fatturato estero ha superato i 105 milioni nei primi sette mesi per una progressione del 15 percento. Protagonista in negativo è stata la Cina, in calo del 7,3% a 84,8 milioni. Male anche Hong Kong (-10,8%).
“Tra i top exporter mondiali, quella dell’Italia rappresenta la quarta miglior performance per il primo semestre, dopo quella della Nuova Zelanda (+13,2%), il cui export cresce sensibilmente in Usa e Uk, del Cile (+8,2%) e della Francia (+5,9%), quest’ultima in forte spolvero negli Usa, Uk e Giappone con aumenti superiori al 10 percento”, afferma Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor.
Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, ha commentato: “Fatta salva l’indiscutibile qualità del prodotto, le tensioni al ribasso che riscontriamo su più livelli rappresentano un campanello di allarme che saremo in grado di silenziare solo attraverso la crescita delle dinamiche di business. I presidi ormai stabili di Vinitaly nei Paesi chiave dovranno servire anche a questo”.