Basta fare un giro nelle vie delle principali città italiane per rendersi conto della cosiddetta avanzata del food. Complice una serie di trasformazioni in atto nel retail moda, molti negozi del settore fashion hanno abbassato le saracinesche e chiuso i contratti di affitto e al loro posto hanno aperto ristoranti e nuovi locali. Nelle grandi città d’Italia, Milano in primis, è il food che sta diventando la merceologia di riferimento nelle location primarie, in quelle vie, cioè, che fino a poco tempo fa erano territorio quasi esclusivo della moda.
“In via Dante a Milano – confermano a Pambianco Wine&Food Andrea Ponti e Nicola Reggio, rispettivamente head of retail services Engel & Völkers Commercial Milano e senior consultant retail services Engel & Völkers – stiamo riscontrando un certo interesse da parte di brand di food importanti, è una zona che prima non veniva considerata dal f&b. In via Torino, invece, c’è più interesse da parte dello street food in quanto cross border tra piazza Duomo e le Colonne dove è possibile intercettare tutti”. Sono due i trend che vanno letti in questa situazione. “I negozi fashion – sostengono Ponti e Reggio – stanno perdendo quote di mercato da qualche anno a questa parte: da un lato perché c’è un cambiamento dei consumi, un’attenzione maggiore all’ambiente e alla sostenibilità, ma soprattutto l’online che ha tolto il 20-30% di quote di mercato al fast fashion”. Dall’altro, fino all’inizio della pandemia, “il food stava esplodendo e ormai più di un terzo della spesa complessiva alimentare è per pasti fuori casa”. Pertanto, il consumo della ristorazione è aumentato, lo sviluppo dell’attività di fashion e fast fashion è diminuito, e questo fenomeno necessariamente si è andato a incrociare.
Dello stesso avviso è Giacomo Racugno, CEO di Augusto Contract, general contractor specializzato nel foodservice. “Per quanto riguarda la nostra esperienza non possiamo che confermare la tendenza di un food che cresce. Nonostante ci si lasci alle spalle uno degli anni più difficili per la ristorazione, molti imprenditori hanno continuato a investire, magari proponendo nuovi format capaci di assecondare le nuove esigenze di consumo, basti pensare al delivery che affianca la formula più tradizionale di ristorazione”. Fra le ultime realizzazioni di Augusto Contract c’è Alice Pizza – il famoso brand romano di pizza al taglio – che ha aperto sia a Milano Buenos Aires che a Roma Fleming al posto di negozi di abbigliamento. “Ma non è solo il fashion – continua Racugno – ad aver lasciato strada al food, è il retail in generale ad aver sofferto molto questo anno di pandemia. Come Augusto Contract, ad esempio, abbiamo realizzato un Poke House, all’interno del centro commerciale Elnos, in uno spazio dove prima c’era una cartolibreria, e Kuiri, l’innovativo format di cloud kitchen, che ha aperto a Milano Gioia al posto di un’agenzia di viaggio”.
MILANO E LA COMPETIZIONE TRA I DISTRETTI
Dopo la consacrazione del 2015 con Expo, Milano ha continuato a mostrarsi la piazza italiana più interessante per il mercato del f&b. La crescita di questo settore e la costante apertura di numerose attività ha contribuito a ridefinire la geografia del capoluogo lombardo, i quartieri e le strade. “Il food & beverage ha un ruolo che esula da quello di mero attore di mercato, è un collante per le relazioni, uno spazio che risponde al nostro bisogno di socialità, lo specchio della nostra società”, afferma Gianluca Sinisi, licence partner Engel & Völkers Commercial Milano & Lombardia. È ciò che emerge dal Food & The City, il primo market report Food & Beverage di Engel & Völkers Commercial in partnership con Ubri (Unione Brand della Ristorazione Italiana). Lo studio, interamente dedicato al capoluogo lombardo quale piazza strategica per lo sviluppo del mercato f&b e anticipatrice di tendenze e concept su scala nazionale, analizza alcuni fenomeni quali la verticalizzazione dell’offerta di prodotto o la ridefinizione dello spazio del punto vendita, che sono sociali prima che f&b. Colui che è considerato il cliente desidera cibo più sano, eco-sostenibile, e lo cerca vicino a casa: comportamenti che hanno un effetto domino sul real estate, nonché le città e la società. Uno dei trend emersi dal report è proprio quello che riguarda la “competizione fra distretti”, un’evoluzione che consente ai consumatori una scelta più ampia e ai ristoratori un presidio più capillare sul territorio. “Le evidenze dell’analisi sui 15 distretti in cui Milano è stata suddivisa sono una testimonianza concreta di come siano cambiati i modi di consumo e le attese del target metropolitano, oltre alla dimostrazione sull’importanza del mercato del food & beverage per il nostro quotidiano”, spiega invece Vincenzo Ferrieri, presidente Ubri e CEO Cioccolati Italiani.
Tra le altre macro tendenze destinate a consolidarsi già nel breve periodo, figurano la contrazione degli spazi, la verticalizzazione della proposta e lo sviluppo per quartieri. “Non si pensi a un passo indietro rispetto al boom seguito agli anni di Expo, ma semmai a un modello Tokyo dove gli indirizzi di maggiore tendenza sono iper specializzati e raccolti, per conferire un segno di esclusività”, continua Sinisi. “Interessante anche la sempre più ricercata dimensione di quartiere, che nel Report chiamiamo ‘district’ come segno di novità (poiché non sempre coincidono con la struttura novecentesca della città che nel frattempo si è evoluta) e sono accuratamente mappati”.
Uno dei fiori all’occhiello del food & beverage meneghino è il distretto di Isola, scelto oggigiorno da un sempre crescente numero di avventori, soprattutto locali e cittadini, per una frequentazione serale, trasversale per fasce d’età e potere d’acquisto. Nonostante la griglia commerciale non tradisca la forte vocazione abitativa dell’area – con il 15% di attività dedicate ai servizi alla persona – si sta verificando, secondo il report, un lento ma costante approdo di brand e catene con piani di sviluppo su scala nazionale.
Tra le aree più interessanti analizzate figura Cordusio, area che negli ultimi anni è stata al centro dell’attenzione mediatica e cittadina. Secondo il report, il meglio sembra dover ancora venire dal momento che, in futuro, l’apertura di due importanti progetti, The Medelen e Gran Melià Milano, aiuterà il distretto a trovare un’identità. “Il distretto degli affari e delle banche, area in cui oggi a farla da padrona è il turista straniero, è diventato un punto nevralgico della ristorazione e dello shopping, come testimoniano i constanti ingressi di nuove insegne, da ultimo Fao Schwartz, che ha annunciato l’apertura del flagship entro il 2021, di fianco a Starbucks”, afferma Ponti.
Tra i distretti in forte ascesa c’è anche City Life, con una food court caratterizzata dalla presenza di insegne fra le più note della scena f&b nazionale e internazionale ad apertura continuata dal mattino alla sera. A render ragione di questa fioritura diurna sono i canoni particolarmente sostenuti che non consentirebbero una vita esclusivamente serale. “Il quartiere, un crogiuolo di milanesità – business, modernità, design, shopping e imprenditorialità – nonché area pedonale più ampia della città, è un perfetto esempio di ben riuscita convivenza fra differenti asset class, office, retail e residenziale”, racconta Sinisi. Interessante è l’evoluzione del Porta Nuova District, sviluppatosi a partire da radici fortemente legate agli uffici e che ora sta attraversando una fase di sensibile crescita e maturazione, favorita anche dalla conclusione di alcuni importanti progetti direzionali nell’area.