Sanzioni, inflazione, prezzi energetici in forte aumento. Sono solo alcuni degli elementi che peseranno, e in alcuni casi già pesano, sulla bilancia dei conti italiani a causa della guerra in corso tra Ucraina e Russia. E la scure bellica scenderà su molteplici settori, tra cui l’agroalimentare, per il quale già si stanno facendo delle stime di perdita.
Partendo dal vino, secondo Unione italiana vini (Uiv), lo scenario “è già difficile in queste ore, con lunghe code di camion alla frontiera lettone-russa, oltre a merci non ritirate in dogana”. A ciò si aggiungono i problemi di carattere finanziario, in quanto per effetto delle sanzioni alle banche russe si prevede la sospensione dei pagamenti da Mosca.
“Ci troviamo costretti a dover rinunciare a una piazza strategica per l’Italia, che è il primo Paese fornitore di vino in Russia, proprio in una fase di forte risalita degli ordini”, ha commentato il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti. Nel 2021, l’Italia, primo Paese fornitore con una quota di mercato di circa il 30% davanti a Francia e Spagna, ha registrato ordini dalla Russia in rialzo dell’11% per un valore di 375 milioni di dollari (circa 333 milioni di euro), frutto del boom della domanda di spumanti (+25%) e un incremento del 2% per i fermi imbottigliati. Tra le denominazioni più richieste, il Prosecco, il Lambrusco e l’Asti spumante, oltre ai vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti.
Anche l’Ucraina, dove l’Italia è leader di mercato, nei primi nove mesi 2021, ha registrato un import di vino italiano a +20% per i vini fermi e frizzanti in bottiglia, e +78% per gli spumanti.
“In attesa fare luce sulle ipotesi di fermo delle esportazioni – prosegue Castelletti – consigliamo alle imprese italiane di vino di effettuare consegne verso la Russia solo dopo aver conseguito adeguate garanzie sui pagamenti”.
Passando all’agroalimentare nel suo complesso, la guerra mette a rischio circa un miliardo di euro di esportazioni, come afferma Coldiretti. Lo scorso anno infatti, le vendite in Russia hanno raggiunto 670 milioni di euro (+14%), grazie soprattutto a pasta, vino e spumante, a cui si aggiungono i 350 milioni realizzati in Ucraina. Numeri, questi, che fanno i conti con quanto già scontato dall’Italia negli ultimi sette anni e mezzo, ovvero da quando l’embargo deciso da Putin nel 2014 in risposta alle sanzioni subite per l’annessione della Crimea ha fatto perdere alle esportazioni di agroalimentare circa 1,5 miliardi.
Ma non solo export. Il peso della guerra si riflette anche sulla produzione alimentare, soprattutto a causa dei rincari dei fertilizzanti, legati, come prosegue Coldiretti, agli aumenti del gas ma anche alla decisione russa di imporre il divieto all’esportazione di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano. Riducendone la disponibilità sui mercati, non solo si schizzare i prezzi di oltre il 170%, ma si mette di fatto “a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana. Il nitrato di ammonio viene, infatti, a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti”, specifica l’associazione.
Russia e Ucraina, insieme, rappresentano inoltre il 29% del commercio mondiale di grano e il 19% di mais per l’allevamento animale (per l’Italia, l’Ucraina è il secondo fornitore) e la chiusura di porti e ferrovie sta già facendo schizzare ai massimi le quotazioni di grano che hanno raggiunto i massimi da 14 anni a questa parte. L’aumento dei costi delle materie prime, unitamente a quelli energetici e dei carburanti, comporterebbe rincari per pane e pasta che potrebbero arrivare a oscillare tra il 10 e addirittura il 50 per cento in Italia.