Il comparto birrario italiano segna una ripresa registrando risultati positivi sul fronte della produzione, dei consumi e dell’export, che in alcuni casi raggiungono i livelli del 2019. Ripresa minacciata però dal peso dei rincari di materie prime e costi energetici, che hanno cominciato ad aumentare nell’estate del 2021.
I dati pubblicati da AssoBirra relativi all’andamento del settore birrario italiano nel 2021 hanno identificato una produzione di 17,6 milioni di ettolitri, superiori al bilancio pre-pandemia che segnava 17,3 milioni. I consumi sono arrivati a 20,8 milioni, senza avvicinarsi ai dati del 2019, ma superando il 2020. Anche l’export ha ripreso quota con volumi pari a 3,8 milioni di ettolitri, sopra al 2019 (3,5 milioni) e al 2020 (3,3 milioni) con la conferma del gradimento della birra made in Italy in Paesi a forte tradizione birraria, come il Regno Unito che accoglie il 46,9% delle birre esportate, gli Stati Uniti (8,6%) e l’Australia (6,4 per cento). Si segnala, poi, un calo dell’import rispetto al periodo pre-pandemico, con 7 milioni di ettolitri nel 2021 contro i 7,4 milioni del 2019.
Se si guarda poi al 2022 i risultati ottenuti fino ad ora fanno ben sperare, soprattutto in termini di volumi, ma la minaccia dei rincari rischia di compromettere la ripresa. Per far fronte agli impatti della pandemia, il comparto birrario ha già ridotto costi, implementato ottimizzazioni e realizzato investimenti mirati e quindi non è più in grado di assorbire ulteriori aumenti.
“Anche nel 2022, il mercato sembra in ripresa sul fronte dei volumi”, ha dichiarato Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra. “Tuttavia, l’attuale tempesta dei costi non sembra essere episodica e può generare effetti inflattivi, perdite di competitività, compromettere la ripresa e fermare gli investimenti da parte dei birrifici, nella distribuzione e nei canali di vendita”.
In ambito agricolo, “da tempo il comparto birrario sta investendo per aumentare la quota di orzo prodotto in Italia con l’obiettivo di portarla dall’attuale 40% al 60%. Tuttavia, è un percorso che richiede tempo e che rischia di venire rallentato dalla situazione attuale”, conclude Pratolongo.