C’è chi punta su marchi già consolidati nel food, chi opera selezioni ad hoc, chi instaura rapporti di esclusività mantenendo il nome del produttore in etichetta. Filosofie e strategie differenti per un settore, quello del vino private label, che guadagna sempre più spazio.
Hanno costantemente guadagnato spazio sugli scaffali di un po’ tutte le principali insegne presenti in Italia negli ultimi dieci anni e, sebbene nel 2021 abbiano avuto una piccola battuta di arresto, detengono stabilmente una quota di mercato che si colloca intorno al 20%, secondo gli ultimi dati forniti da Iri. Sono i prodotti private label degli operatori della grande distribuzione organizzata, o Mdd (marchio del distributore) che dir si voglia. Il loro numero cambia naturalmente a seconda dei formati di vendita – la loro presenza solitamente è inversamente proporzionale alla grandezza delle superfici di vendita – e soprattutto delle insegne, raggiungendo vette dell’80% e oltre solo nel caso dei discount, per i quali rappresentano il vero core business.
SOLUZIONI DIFFERENTI CON UN UNICO OBIETTIVO: LA FIDELIZZAZIONE ALL’INSEGNA
Un settore, quello dei prodotti a marchio, molto dinamico e che nel corso degli ultimi anni è cambiato notevolmente adeguandosi alle più importanti tendenze di consumo. Sono lontani, infatti, gli anni dove il nome dell’insegna rappresentava il massimo della creatività e dell’offerta a disposizione dei consumatori: oggi la segmentazione si è spinta ad esplorare un po’ tutte le moderne tendenze alimentari e quindi tutte le insegne hanno incrementato il numero di linee e brand andando incontro alle esigenze di coloro che cercano, ad esempio, prodotti free-from, vegan, biologici, salutistici, a km zero e via discorrendo.
Il vino? In questo caso si entra in un mondo a parte, che si stacca dalle altre categorie merceologiche, ma intorno al quale cresce il fermento, come dimostrano molte delle operazioni presenti oggi sul mercato. E così, se i vini propriamente MDD, che riportano o meno il nome dell’insegna piuttosto che quello di una linea di fantasia, non sono moltissimi e hanno una quota quasi sempre inferiore al 10% all’interno della categoria, aumentano invece una serie di operazioni ibride a monte delle quali vi è un rapporto in esclusiva con i produttori di vino. Ma l’obiettivo è sempre uno solo: la fidelizzazione all’insegna.
COOP, DUE LINEE A MARCHIO E CO-BRANDING CON FIOR FIORE
“I vini a marchio stanno crescendo. In generale questi prodotti, indipendentemente dal vino, vanno meglio rispetto al mercato: questo succedeva l’anno scorso, quando il mercato andava bene, e succede anche adesso che il mercato va meno bene”. Secondo Francesco Scarcelli, responsabile reparto beverages di Coop Italia, c’è sicuramente margine per aumentare la loro quota, attualmente intorno all’8 per cento. “Potremo arrivare anche al 15 o 16% in futuro, ma non di più perché il vino è comunque legato a precisi territori e al localismo”. In questo momento Coop ha due linee di vini a marchio: una lanciata nel 2011 con il nome Assieme, 20 referenze per circa 2 milioni di bottiglie, che provengono solo dal mondo cooperativo. Poi l’alto di gamma, i vini a marchio Fior Fiore, 20 referenze per un totale di circa 500mila bottiglie all’anno. “Sono vini che, in linea con il resto dei prodotti Fior Fiore, valorizzano specifici territori e denominazioni. Si tratta di un’operazione di co-branding dove partecipano tre attori: noi, il produttore il cui nome viene riportato in etichetta, e AIS (Associazione Italiana Sommelier) che degusta i vini in blind tasting e ci aiuta nella selezione”. Ma chi compra i vini Fior Fiore? “Sono gli stessi consumatori che già scelgono gli altri prodotti Fior Fiore, un marchio che copre l’eccellenza di tutte le categorie merceologiche. Il plus dei vini Fior Fiore è che l’azienda ci mette la faccia e crea un’aspettativa importante nel consumatore finale”.
IPER LA GRANDE i E IL PROGETTO GRANDI VIGNE
La via scelta da Iper la grande i – Gruppo Finiper, 22 punti vendita in quattro regioni, nato nel 1974 ad opera dell’imprenditore Marco Brunelli – è quella di una selezione di etichette di piccoli produttori italiani segnalati con l’etichetta Grandi Vigne. “L’idea è nata nel 2006 quando il tema dei prodotti a filiera controllata è diventato molto importante”, spiega Roberto Compostella, buyer vino Iper La grande i. “In Iper c’erano altre merceologie di prodotto che sposavano la filosofia di garantire al consumatore un controllo di filiera e si è deciso di fare lo stesso anche nel vino. Abbiamo dato la giusta importanza al produttore, garantendo allo stesso tempo una filiera corta e controllata”. Mediamente nei negozi Iper vengono trattate circa 1.200 etichette in modo continuativo, di queste circa il 10% appartengono alla selezione Grandi Vigne. “Ricerchiamo produttori che sposino la nostra filosofia e che producano un vino che abbia il giusto rapporto qualità-prezzo. Non chiediamo un vino prodotto ad hoc per noi, perché non vogliamo snaturare lo stile di un produttore, ma piuttosto selezioniamo un produttore il cui stile sia già quello giusto per Grandi Vigne”. “È prima di tutto per noi un progetto di valorizzazione delle eccellenze del nostro territorio”, aggiunge Francesco Portaluri, shopper analyst e category manager liquidi Iper La grande i. “Con questo marchio offriamo un’ampia scelta vini, provenienti da vigneti di proprietà a filiera controllata, che rimarrebbero sconosciuti o sarebbero per lo più preclusi al grande pubblico”.
CARREFOUR, UNA STRATEGIA DIVERSIFICATA SU PIÙ FRONTI
Che il colosso francese in Italia faccia sul serio nel vino ce lo conferma Lorenzo Cafissi, responsabile vino di Carrefour Italia. “Da quest’anno Italia, Francia e Spagna coordineranno un lavoro di negoziazione e sviluppo strategico del vino per tutti i Paesi del gruppo”. Nelle corsie del vino si passa dalle quasi 3mila referenze presenti nelle superfici molto grandi, alle 180 delle più piccole. Sul fronte dei vini a marchio Carrefour gioca in tre campionati distinti: con la linea denominata Tralcio Antico, oggetto di restyling proprio quest’anno, si trovano i vini con i prezzi più competitivi. Ad un livello superiore ci sono i vini inseriti nella linea Terre d’Italia, brand ormai famoso nel mondo del food che valorizza prodotti di specifici territori e denominazioni. “I produttori inviano i loro campioni, noi li scegliamo dopo un panel test condotto da assaggiatori Onav e da uno interno”. Infine, il progetto forse più ambizioso: la realizzazione a quattro mani con i produttori: “È un’altra forma di prodotto a marchio, con la differenza che si chiama con il nome dell’azienda che l’ha creato. Sono vini dedicati esclusivamente a Carrefour, ma con il nome del produttore in etichetta”. Un progetto, quest’ultimo composto da 40 referenze con l’obiettivo di arrivare a 60.
ESSELUNGA E LA VIA MAESTRA DELL’ESCLUSIVITÀ
“Il vino è sempre stata una categoria che ci ha contraddistinto”, racconta Daniele Colombo, category manager di tutta l’area beverage della storica insegna con sede a Limito di Pioltello, oggi presente in Italia con 180 negozi, otto dei quali rappresentati dal recente format laESSE A dimostrazione di questo la presenza di oltre 80 enoteche, quasi un negozio nel negozio, all’interno delle quali sono in vendita vini di produttori importanti del panorama italiano, illustrati al pubblico da dipendenti che hanno preso il diploma di sommelier AIS. Nei negozi Esselunga sono mediamente presenti dalle 500 referenze di vino fino a oltre mille nelle enoteche dei superstore. “Nel settore dei vini, abbiamo sposato da sempre la volontà di utilizzare più che prodotti a marchio delle etichette prodotte in esclusiva per noi”, continua Colombo. Una strategia importante perché oggi circa il 70% dei vini in vendita sono studiati da Esselunga insieme ad aziende partner. “Collaboriamo con circa 380 cantine, abbiamo tutti rapporti diretti, di conseguenza la collaborazione con questi fornitori è molto stretta. In molti casi abbiamo accordi di esclusiva per il territorio nazionale”. Ma perché non inserire questi vini sotto il cappello di un marchio ad hoc o magari già di successo presente in Esselunga? “Crediamo che chi si avvicina al mondo del vino abbia bisogno di conoscere la storia del produttore – sostiene Colombo –: le logiche con le quali è nata la filosofia del prodotto il territorio di provenienza. Crediamo sia un valore dare spazio allo storytelling dell’azienda che produce”.
LIDL, FOCUS SUI VINI AUTOCTONI E BIOLOGICI
Quando si entra nel terreno dei discount i prodotti a marchio diventano uno dei fattori determinanti, alla base del business. È anche il caso di Lidl, in Italia da 30 anni, da quando il leader tedesco aprì nel 1992 il primo punto vendita ad Arzignano, nel vicentino. “Il nostro comparto vini si compone di circa 100 referenze, tutte presenti a scaffale” afferma Eduardo Tursi, amministratore delegato acquisti & marketing Lidl Italia. “Il nostro obiettivo è quello di fornire la miglior esperienza di acquisto permettendo di trovare ogni prodotto a immediata disposizione. Questo vale anche per il comparto vini dove l’esposizione è molto curata, con materiali e colori che richiamano le tipiche enoteche, e dove il display dei prodotti è per blocchi verticali suddivisi per territorialità e genere: spumanti-prosecchi, vini bianchi e vini rossi”. Attualmente più dell’80% delle 3.500 referenze presenti in Lidl è costituito da prodotti a marchio. “Anche per il comparto vini il nostro focus è sulla Mdd con l’inserimento aggiuntivo di marche regionali legate al territorio. Il nostro assortimento è in continua evoluzione, al passo con le tendenze e le nuove esigenze dei consumatori. In particolare, ci stiamo focalizzando sulla regionalità, sulla ricerca di vitigni autoctoni e sul biologico, ormai sempre più una scelta d’acquisto consolidata per coloro che preferiscono coniugare qualità e sostenibilità”.