La voglia di tornare a bere fuori casa, dopo oltre un anno di restrizioni, spinge gli acquisti di vino italiano all’estero. Il ‘revenge spending’, la spesa fatta appunto per ‘rivalsa’ dopo un periodo di crisi, così come la riapertura della ristorazione, guida infatti i gomiti dei consumatori, in primis tedeschi, cinesi, russi, australiani e coreani. Nei rispettivi Paesi, l’import di vino italiano nei primi sei mesi del 2021 ha infatti battuto il trend generico di mercato, secondo l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su dati doganali.
In Germania, l’import di vino italiano ha messo a segno un +9,3% rispetto al primo semestre 2020, raggiungendo addirittura il +13,4% sul 2019, contro il +8,7% del totale import del mondo. In Cina, a fronte di un totale a -10,1%, l’Italia corre con un +36,8%, pur confrontandosi con un -2,1% rispetto al pre-Covid. Questo è però in larga parte spinto dal vuoto di mercato lasciato dai vini australiani a seguito della guerra commerciale in atto tra i due Paesi, che comporta dazi superiori al 200% sui vini importati dall’Australia. In Russia, l’Italia ha fatto +29,4% sul 2020, contro una media di mercato del 19,8%, mentre sul 2019 l’aumento è del 27,1 per cento. In Australia, le crescite sui due anni precedenti sono pari a +38,6% e +39,9% (rispettivamente per 2020 e 19), mentre il totale è di +24,3 per cento. Infine, in Corea del Sud l’Italia raddoppia, con un +110,4% sul 2020, +117,5% sul 2019, e un trend di mercato a 90,2 per cento.
Per contro, negli Stati Uniti la crescita è ridotta (+1% contro il +7,7% totale) anche in virtù di un primo bimestre 2020 caratterizzato da una corsa agli acquisti da parte degli importatori americani nel timore di una possibile imposizione di dazi aggiuntivi minacciata dall’allora amministrazione Trump. Non a caso, gli acquisti di vino italiano nel primo semestre 2021 rispetto a quelli di due anni fa riportano un +6% contro un -1% a livello di import complessivo.
Analogamente, anche nel Regno Unito il calo va analizzato. L’Italia ha infatti riportato una flessione dello 0,4% rispetto al 2020 contro il +4,3% del totale import. Ciò va ricondotto al fatto che, a seguito della Brexit, molti trader e catene retail hanno spostato il proprio baricentro operativo nel continente, dando vita a triangolazioni commerciali che hanno portato a uno spostamento dell’import di vino in Paesi vicini, tra cui il Belgio, con il risultato che nel corso di questo primo semestre, “importanti flussi di vino italiano” sono stati acquistati da questo Paese per poi essere commercializzati in Uk.
Considerando i primi 12 Paesi top per importazioni, a cui, oltre ai già citati, si aggiungono Canada, Giappone, Svizzera, Norvegia, Brasile, l’Italia ha registrato una crescita del 7,1% superando i 2,7 miliardi di euro sul 2020, contro il +8,1% del mercato. Rispetto al 2019, l’Italia ha realizzato un +6,8% a circa 2,6 miliardi di euro.