Ammonta a circa mezzo miliardo di euro il contributo alla ristorazione offerto dalle principali realtà del food delivery in Italia secondo le stime di Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio. E nel giro di due anni, secondo quanto dichiarato dal presidente Lino Stoppani, gli introiti potrebbero quintuplicare: “Entro il 2020 ci aspettiamo un volume di circa 2,5 miliardi di euro”, ha affermato.
Il sito della rivista Wired ha interpellato, per un servizio dedicato, alcune società italiane di ristorazione appurando che i ricavi dalle consegne a domicilio sono ancora una percentuale minore dei loro fatturati. Obicà, per esempio, lo ha lanciato in Italia in cinque locali e per ora ha incassato soltanto il 3,5% contro l’11% già ottenuto nei ristoranti di Londra, con l’obiettivo di arrivare al 14-15% entro l’anno. Tuttavia, prevede la catena di mozzarella bar, in Italia la stima per il 2018 è di arrivare al 5%, con picchi fino al 10% nelle piazze più mature, come il ristorante nel centrale quartiere di Brera a Milano.
Panino Giusto ha lanciato le app di consegna a inizio anno e dopo esser partita dal 3% del fatturato, a giugno è arrivata al 5,5% con 8 ordini medi al giorno per negozio. Pescaria, che ha tre ristoranti di pesce in Puglia e a Milano, sta ottenendo risultati importanti sulla piazza milanese. Su 2,5 milioni di ricavi nel 2017, l’11% è arrivato dagli ordini delle piattaforme. Le pizzerie di Berberè nel 2017 hanno fatturato complessivamente 5 milioni di euro e il food delivery valeva appena il 3%, ma l’obiettivo è di raggiungere rapidamente il 7%. Il gruppo Good Eat, che gestisce i locali Pokeria, Wood Restaurant, Minha e Nima Sushi, ha un fatturato di circa 11 milioni e l’incidenza del food delivery è di quasi il 30% su Milano, del 15% su Firenze e dell’8% in Brianza, con previsioni migliorative di circa il 7% per ciascuna zona.