In un contesto macroeconomico difficile i vini italiani potrebbero rappresentare un’opzione interessante e una valida prospettiva di crescita e stabilità. Ad esprimere questa visione positiva sono gli esperti di Cult Wine Investment, società di investimento leader di mercato nel segmento vinicolo, che considerano l’Italia una regione vinicola “di mezzo”, in equilibrio tra crescita potenziale e stabilità.
Come si legge nel report, anche se la performance dell’Italia non eguaglia i massimi raggiunti dall’iconica Borgogna, a promuovere i fine wine italiani è un rendimento interessante (a fine luglio il rendimento annualizzato a cinque anni dell’indice Liv-ex Italy 100 è stato dell’8,1% rispetto al 17,4% dell’indice Burgundy 150) che si accompagna a una bassa volatilità (4,9% quella dell’Italia rispetto al 9% del Burgundy) e agisce quale elemento difensivo, oltre a permettere di ottenere rendimenti superiori a quelli di altre regioni “lente e stabili” come il Bordeaux (il rendimento annualizzato a cinque anni dell’indice Bordeaux 500 si attesta al 3,7% con una volatilità annualizzata del 2,5 per cento).
Nel report viene inoltre indicato che molti fattori alla base del recente rallentamento in Italia sembrano temporanei. Le due principali regioni vinicole, Piemonte e Toscana, non hanno sofferto l’intensità delle perturbazioni climatiche delle regioni francesi e californiane delle ultime annate. Le devastanti gelate in Francia nel 2021 e gli incendi in California nel 2020 hanno danneggiato in modo significativo i volumi, contribuendo all’aumento dei prezzi in queste regioni.
Le caratteristiche difensive dei vini italiani sono maggiormente evidenti nelle fasi di ribasso. Per esempio, il Barolo di Bartolo Mascarello ha registrato un buon apprezzamento, ma anche nomi come Masseto, Tignanello, Giacomo Conterno, Barolo Francia Cascina hanno mostrato qualità difensive con forti guadagni. Cult Wine sottolinea che anche se questa tendenza non è destinata a continuare, l’ampia gamma di sotto-regioni gioca a favore dell’Italia.
OUTLOOK
Le attese per i prossimi mesi indicano che i Super Tuscans dovrebbero continuare a suscitare interesse a livello mondiale in un contesto di mercato potenzialmente difensivo. Anche dopo la recente elevata performance, questi vini presentano una valutazione interessante rispetto a molti Bordeaux e blend di Bordeaux della California. Le eccellenti annate 2015 e 2016 hanno favorito il trend al rialzo e il mercato guarderà alle prossime uscite del 2019 e del 2020 per un ulteriore slancio.
Come sempre, poi, non conosce rallentamenti il Brunello. La piccola Docg continua a offrire un’interessante opzione di investimento a lungo termine anche se la sua reputazione è ancora in fase di sviluppo e continuerà a subire oscillazioni di prezzo in base alle evoluzioni del mercato. La qualità dell’annata rimane importante e le prime notizie suggeriscono che il 2018, che uscirà all’inizio del 2023, è più robusta di quella del 2017 e potrebbe alimentare un maggiore interesse per la regione.
Per i vini piemontesi il valore del Barolo e del Barbaresco è migliorato rispetto ai colleghi toscani e ai migliori vini rossi della Borgogna e della California, rendendoli un investimento interessante nell’attuale contesto di incertezza macroeconomica.
L’Italia però non è più solo Super Tuscans e Barolo. Altre regioni, ancora poco affermate presso il mercato globale dei vini pregiati, stanno infatti guadagnando terreno. I vini siciliani dell’Etna, ad esempio, potrebbero rappresentare opportunità interessanti, anche se più speculative, in quanto molto in voga. Tra i produttori più interessanti la Tenuta delle Terre Nere, che produce vini rossi da vitigni pre-fillossera, oltre a Benanti, Idda e Pietradolce, senza dimenticare i rossi (Nerello Mascalese e Nerello Capuccio) e i bianchi (da Carricante) di alta qualità.