Il pastificio trentino Felicetti ha dato alle stampe un libro, “Storie di pasta”, e lo ha presentato a Milano durante un evento al Rebelot, con lo chef Matteo Monti impegnato nell’utilizzare la pasta prodotta tra i monti della val di Fiemme per dare forma alle sue ricette. L’iniziativa culturale rappresenta una sorta di break per la famiglia proprietaria dell’azienda di Predazzo, impegnatissima nell’iter che sta portando alla realizzazione di un nuovo stabilimento da 16.500 metri quadrati, per il quale ha stanziato 25 milioni di euro e che permetterà a Felicetti di incrementare la produzione di quella che si sta sempre più affermando come la pasta dei grandi chef. Intanto, per continuare a crescere, si punta all’ingresso di un partner finanziario.
“Nel 2017 – spiega a Pambianco Wine&Food Riccardo Felicetti – confermeremo il fatturato dello scorso anno, chiuso a circa 38 milioni di euro. Abbiamo saturato la capacità produttiva e pertanto, da qui al 2020 quando dovrebbe essere ultimata la nuova fabbrica, continueremo a presidiare in maniera coerente il mercato delle specialità monovarietali e della produzione biologica, che ci vede protagonisti in Italia e all’estero grazie alla partnership conclusa nel 2011 con Alce Nero, di cui possediamo una quota di poco inferiore al 10 percento”.
Quanto vale l’Italia e quanto l’estero?
L’Italia vale attorno al 30% del fatturato complessivo. Il resto lo raccogliamo prevalentemente in nord Europa, ma l’espansione più significativa è legata ai mercati del Far East, compreso il Giappone, al Canada e agli Stati Uniti.
Quali sono i canali commerciali di riferimento?
Siamo molto presenti nella ristorazione, ma il retail ha assunto particolare importanza in alcuni Paesi, ad esempio in Gran Bretagna e soprattutto nel Canada, dove siamo molto presenti con il brand bio Felicetti nell’intera rete distributiva nazionale.
Una volta concluso il nuovo stabilimento, quanto potrete crescere ancora?
Pensiamo di poter arrivare a 60 milioni di ricavi entro il 2024, portando il numero di addetti dagli attuali 65 fino a oltre quota cento. Questi sono i numeri stimati e inseriti nel piano industriale.
Sareste disponibili ad aprire il capitale a soci esterni?
Riteniamo che l’apertura di capitale a un partner finanziario serio e con i denti non troppo aguzzi debba essere una delle scelte primarie di questa azienda. Nel corso degli anni abbiamo imparato come non sia possibile far tutto da soli, nonostante il nostro grande orgoglio ‘montanaro’. Pur essendo un’azienda molto piccola – a stabilimento ultimato non riusciremo comunque a raggiungere lo 0,5% della quota di mercato in Italia – l’incremento di fatturato previsto ci ha convinto che la presenza di un partner finanziario possa essere determinate per offrire solidità e consentirci di fare scelte imprenditoriali forti.
Avete già avviato i contatti con qualche fondo?
Ci sono delle serie discussioni in corso…