Il grado alcolico fa la differenza: più è alto, meno rende. I dati sull’export 2014 presentati ieri a Roma durante l’assemblea annuale di Federvini, l’associazione confindustriale del beverage alcolico, evidenziano un piccolo aumento del valore esportato (+1%, pari a 5,28 miliardi di euro) di vini e mosti, mentre scendono liquori (-3,4%, 356 milioni di euro) e acquaviti (-11,4%, 183 milioni). In flessione anche le categorie vini liquorosi (-1,6%, 56,5 milioni) e aromatizzati (-8,4%, 169,7 milioni), mentre gli aceti fanno segnare un incremento del 2% a 242,3 milioni di euro. Sul risultato dei superalcolici pesano indubbiamente il cambiamento degli stili di vita e la stretta internazionale legata alla sicurezza stradale, cui si aggiunge nel mercato interno la penalizzazione delle tasse sui consumi, su cui il presidente dell’associazione Sandro Boscaini si è espresso con durezza: “La fiscalità si è accanita sui prodotti alcolici, con quattro aumenti applicati in quindici mesi che hanno fatto salire l’accisa del 30% senza sostanziali risultati per le casse dello Stato, ma con un probabile risultato negativo in termini di produzione e occupazione”. Uno dei temi affrontati da Boscaini nella sua relazione riguarda le conseguenze degli accordi per l’internazionalizzazione dell’Unione Europea con Usa, Canada e Vietnam. I vinificatori italiani osservano con particolare interesse il negoziato in atto per il libero scambio (Ttip) con gli Stati Uniti, primo mercato per l’export di Italian wine: “Si tratta di una grande occasione per rafforzare la nostra leadership – evidenzia Boscaini – ma assistiamo a una forte resistenza degli americani nel riconoscere il nostro sistema delle indicazioni geografiche e il loro legame con il territorio. Ci auguriamo che almeno le denominazioni più importanti possano essere riconosciute e protette”. Alleggerimento fiscale e semplificazione burocratica sono le richieste che l’associazione pone al governo per consolidare il trend positivo osservato dalle imprese nei primi mesi del 2015.