Nel 2019, l’Italia staccherà la Spagna consolidando così il secondo posto nella graduatoria del valore nell’export di vino, ma sarà a sua volta distanziata dalla Francia che continua a dominare la top ten, superando per la prima volta la soglia dei 10 miliardi. Secondo le previsioni dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor presentate ieri a wine2wine, l’evento di formazione e networking che si chiuderà oggi (martedì 26 novembre) presso Veronafiere, la crescita dell’export francese dovrebbe essere del 7,8% nel confronto con il 2018, mentre la progressione italiana sarà del 2,9% portando il giro d’affari complessivo a 6,36 miliardi, quasi quattro in meno dei concorrenti francesi.
Osservando il bicchiere “mezzo pieno”, si possono notare vari aspetti positivi. Il primo riguarda proprio l’andamento positivo dell’Italia al contrario della Spagna, che perde quasi il 7% perché, come ha sottolineato il responsabile dell’osservatorio Denis Pantini: “Gli spagnoli hanno sofferto il calo del prezzo dello sfuso, da cui dipende oltre la metà del loro export”. Il secondo è che in alcuni Paesi, in particolare quelli dove i recenti accordi commerciali hanno permesso una facilitazione degli scambi, l’Italia ha performato molto bene: in Canada l’aumento è stato di oltre il 6% e in Giappone addirittura del 17 percento. Il terzo riguarda le prospettive, perché negli Stati Uniti il vino italiano non sarà sottoposto a dazio (stando così le cose), mentre quello francese sì; peraltro, come ha evidenziato lo stesso Pantini, quest’anno le spedizioni di vini francesi negli Usa sono state sostenute proprio dall’attesa di un’applicazione dei dazi ed è probabile che nel 2020, quando tutto sarà a regime, l’export transalpino possa virare in negativo.
La top ten dell’export italiano per destinazioni vede sempre in vetta gli Stati Uniti, che dovrebbero salire a 1,76 miliardi di euro (+5%), davanti a Germania con 970 milioni (+3%) e Gran Bretagna con 727 milioni (-2,8%). A seguire, la Svizzera con 378 milioni (+2,9%) è oramai insidiata dal Canada che arriva a quota 376. Molto positivo il dato relativo alla Russia, che cresce di oltre l’11% e si appresta a chiudere l’anno con 294 milioni di import di vini made in Italy.
L’analisi dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor compara inoltre il dato delle cosiddette “sette sorelle” del vino mondiale. Dietro Francia, Italia e Spagna, nel 2019 si piazzerà l’Australia con 1,82 miliardi e a seguire Cile (1,77), Stati Uniti (1,18) e Nuova Zelanda (1,11). Questi Paesi però mostrano andamenti differenti. Nel mercato cinese, grazie agli accordi di libero scambio, l’Australia ha superato la Francia ed è diventato il primo Paese esportatore; ciononostante, il risultato è in discesa dello 0,3% e quindi gli australiani sono in calo un po’ ovunque. Male anche gli Usa, che perdono il 3,7% principalmente a causa del crollo delle vendite in Cina; quest’ultimo si è rivelato un mercato ostico per tanti e in particolar modo per i produttori statunitensi, danneggiati dal dazio “di ritorsione” applicato da Pechino sui loro vini. La crescita più sostenuta riguarda la Nuova Zelanda, che aumenterà double digit (+10,2%). In positivo anche il Cile (+5,8%).
Quanto al 2020, nelle previsioni di Nomisma, l’Italia dovrebbe continuare ad aumentare l’export nei mercati a libero scambio, con prospettive di incremento anche per la Cina. La destinazione più problematica si preannuncia invece quella britannica per l’incertezza legata alla Brexit. Permangono ombre sulla Germania, data la flessione economica in atto, mentre per quanto riguarda gli Usa molto dipenderà dalle decisioni dell’amministrazione Trump in materia di dazi.